NAMIBIA: DOVE LO
SGUARDO RINCORRE L'ORIZZONTE
di
Marco
8
- 26 luglio 2007
Negli
ultimi 4 anni la Namibia è stata una meta molto vicina,
ma sempre mancata, per i nostri viaggi, per cui non ci
siamo trovati impreparati ad organizzare questo viaggio
in poche settimane viste le conoscenze già acquisite in
passato.
Così dopo aver studiato in linea di massima
litinerario decidiamo di noleggiare un 4x4 che ci
servirà soprattutto per la zona del Ruacana, ma sarà
anche utile per la tenda montata sul tetto che sopperirà
ai lodge nei luoghi di maggiore afflusso turistico.
Decidiamo di concentrare la maggior parte del viaggio nel
Nord del paese, sicuramente più africano,
cercando tra laltro mete un pò fuori da quelle
classiche, come il centro di riabilitazione dei ghepardi
di Otjiwarongo e il Save the Rhino Trust nel Damarland.
Così
a Windhoek, ancora scombussolati dalle ore di volo, ci
immettiamo con la nostra gigantesca jeep nella prima
rotonda al contrario rispetto ai nostri standard,
incominciando così i primi dei chilometri 4000 che
percorreremo in totale.
Ci mettiamo poco ad accorgerci che le città sono molto
più sicure di quelle dei paesi vicini, e la cosa ci
tranquillizza molto, memori di ciò che abbiamo visto in
Tanzania o Etiopia.
La pacificazione delle parti avvenuta dopo gli eventi
bellici che hanno caratterizzato il periodo
dellindipendenza, che comunque hanno interessato
solo una zona limitata del paese, e la poca densità
abitativa, ha fatto sì che ci sia stata una relativa
spartizione delle risorse. Sebbene sia da ammettere che
la maggior parte della popolazione nera non ha tuttora
accesso ai centri di potere economico, fortunatamente le
diverse etnie non hanno dato seguito alle assurde guerre
fratricide diffuse nel continente.
Dopo unottima cena al Joes Beer passiamo la
mattinata successiva a fare la spesa e soprattutto negli
uffici del NWR, dove scopriamo, come sospettavo, che si
riesce a trovare alloggio nei parchi nazionali da loro
gestiti (Etosha e Sesriem), nonostante dalle loro mail
ricevessimo dei laconici fully booked.
Questa giornata preparatoria si rivelerà poi quasi
lunica senza sveglie allalba.
Già il giorno successivo ci attende lincontro con
i ghepardi al Cheetah Conservation Fund, centro, nato
dalle amorevoli idee della Dr Marker, che si occupa dello
studio e della salvaguardia di questa specie, visto che
recupera gli animali feriti dai proprietari di fattorie
della zona e, nei casi possibili, li reintroduce nelle
aree protette.
Qui oltre a visitare linteressante museo sulla
storia del ghepardo, abbiamo preso parte ad alcune
attività, quali lesercitazione e la riabilitazione
alla corsa di alcuni felini,
cosa che ci ha lasciato a bocca aperta per
lemozione.
Abbiamo anche accompagnato un tutor nel giro quotidiano
di controllo, scoprendo i tantissimi aspetti della
struttura e degli obiettivi del CCF e le difficoltà che
questi mammiferi (la sola Namibia ne ospita il 20% della
popolazione mondiale) incontrano a causa della
limitazioni dei loro habitat a favore delle farm.
Certo fa specie vederli vivere in semi cattività, ma
considerando che il loro territorio naturale sta sparendo,
bisogna encomiare il lavoro intrapreso da questo Centro,
sperando che i loro metodi possano permettere alle future
generazioni di tornare alla piena libertà.
Il ricordo forse indelebile della giornata è stato
quando la nostra guida ci ha fatto scendere
dallauto in una radura dove siamo stati circondati
da diversi ghepardi: osservare i loro limpidi occhi
arancioni a distanza di solo un paio di metri è stata
unesperienza che ci ha riempito il cuore.
E ora di lasciare il CCF perché il nostro viaggio
ci regala 3 giorni di lunghi e solitari game drive
percorsi a 20km orari sulla pianura attorno al Pan
nellEtosha.
Qui i nostri sguardi hanno cominciato a perdersi nel
lontano piatto orizzonte, tanto che il tempo sembrava
fermarsi durante le soste davanti alle pozze, quando
assistevamo al lento procedere degli animali in che
attendevano del proprio turno per abbeverarsi.
Tra i tanti appostamenti come potremo dimenticare
lavanzare lento e sospettoso di 5 rinoceronti di
notte alla pozza di Halali: il loro scomparire e
ritornare sotto la luce della luna ci ha fatto paragonare
questo spettacolo a quello degli attori di teatro che si
presentano a più riprese sul palcoscenico per ricevere
applausi.
Siamo quindi dispiaciuti e restii ad andarcene quando ci
presentiamo al gate nord del Parco, anche se allo stesso
tempo temiamo la tappa odierna che ci porterà a Swartboois Drift con gli
ultimi 50km di strada presentata come molto accidentata.
Riusciamo però a trovare il tempo per fermarci
allinteressante museo di Nakambale, gestito dalla
popolazione locale e realizzato su una vecchia missione
fondata da un pastore finlandese, che, anche grazie alle
sbiadite ma esplicative fotografie esposte, è riuscita a
trasmettere la vita dellepoca oltre ad offrirci uno
sguardo sulle tradizioni locali.
Questa zona del paese, lOvamboland, è una Namibia
molto diversa da quella che vedremo in seguito: notiamo
un susseguirsi di città popolose e di spazi verdi che,
grazie ai molti fiumi (in questa stagione però quasi in
secca), si differenzia dallaridità del resto del
paese.
Qui i residenti bianchi quasi non si vedono e in effetti
si capisce perché la regione sia stata la culla della
volontà di indipendenza verso il regime segregazionista
sudafricano.
Con questi pensieri arriviamo a Ruacana, dove, oltre alle
indicazioni per oltrepassare il confine angolano,
troviamo la rassicurante indicazione per il Kunene River
Lodge, che precede di poco la terribile salita che il
nostro 4x4 supera brillantemente nonostante i miei timori
iniziali.
Credo che questo difficile tratto di strada sia il giusto
preludio per meglio apprezzare la bellezza del Lodge,
dove si respira una pace incredibile e dove la veranda
sul fiume è già da sola una fotografia.
Approfittiamo di questa atmosfera, dove il tempo sembra
scandito da eventi ritmicamente ripetitivi, come la
visita pomeridiana delle dispettose scimmie, per
rilassarci un paio di giorni; invece del rafting, optiamo
per navigare il fiume nella parte sua più tranquilla e
panoramica.
Lasciamo il KRL per proseguire
verso nord direzione Epupa Falls, non prima di avere
fatto una non programmata sosta alla scuola primaria di
Epembe, dove il professore ci ha raccontato alcune
realtà della zona, trovandosi interessato ai nostri
diversissimi modi di vivere e meravigliandosi che in
Italia non esistono questi sterminati spazi aperti e che
gli indigeni sono solo di pelle chiara.
Nella scuola rincontriamo gli Himba, timorosi perché
forse immersi in un ambito poco naturale, ma sicuramente
più veri di quanto visto nei villaggi, tanto che non
credo capiti loro spesso di interagire con i turisti se
non per le foto di rito.
Questa sosta ci fa sembrare la strada per le Epupa più
lunga di quanto lo sia in realtà, cosa che però ci fa
apprezzare lo splendido spettacolo offerto da queste
cascate al tramonto.
Dopo esserci accomodati al camping affrontiamo un
sentiero che ci porta ad un promontorio dal quale si
hanno splendide vedute dellestensione delle cascate,
da dove attendiamo così la fine della giornata; scrivere
questi pochi appunti in riva al Kunene, di fronte
allAngola, scrutando questi orizzonti è
riappacificante.
Il giorno successivo ci aspetta una levataccia come al
solito, dato che abbiamo in previsione di arrivare sulle
montagne del Grootberg, dove abbiamo prenotato un lodge
contattato dallItalia conosciuto per la sua
ecosostenibilità, salvaguardia del territorio e
soprattutto per far parte del circuito della
conservazione dei rinoceronti.
Ci arriviamo dopo una lunga tappa, ma nonostante
stanchissimi rimaniamo estasiati davanti alla vista che
si apre davanti alla nostra camera incastonata sulle
pendici del canyon: il tramonto poco a poco accende di
rosso le sue pareti facendo calare un silenzio assordante
preludio di un freddo, terso e scintillante cielo stellato.
La mattina seguente visitiamo linterno del canyon,
riserva privata gestita dal Lodge, accompagnati da una
guida che, attraverso unantenna telemetrica, ci
assicura che ci avvicineremo ad un rinoceronte.
La giornata passa con diversi avvistamenti di animali, ma
con lassenza del personaggio principale (ce ne sono
4 nella riserva), tanto che in minima parte restiamo
delusi.
Questo finché le nostre guide non intravedono delle
tracce fresche nel terreno e si incamminano solitari,
lasciandoci sulla jeep allombra di unacacia.
Passiamo così una buona ora attorniati dal caldo e dalle
innumerevoli e fastidiosissime mosche, ma il loro
frettoloso ritorno ci preannuncia che qualcosa sta
succedendo: scendiamo dallauto mentre in pochi
secondi ci spiegano il comportamento che dovremo tenere
una volta in prossimità dellanimale e ci invitano
a seguirli in fila indiana.
Ci spiegano che il rinoceronte è miope e non riesce a
distinguere figure oltre i 30 metri; ha però un olfatto
e un udito incredibile, per cui dovremo spostarci sempre
a favore di vento.
La tensione comincia a salire mano a mano che ci
avviciniamo, in quanto siamo consci della sua
pericolosità nel caso ci attacchi.
Il timore di provocare rumori maldestri ci obbliga a
guardare sempre a terra, così quando la guida ci intima
lalt, alziamo lo sguardo e rimaniamo senza fiato ed
estasiati di fronte ad un esemplare così antico e allo
stesso tempo maestoso.
Rimaniamo sempre a distanza di sicurezza e in costante
movimento per non farci scorgere, sebbene sentiamo che
lanimale ci ha percepiti. Sono stati trenta minuti
di intense emozioni, grazie Namibia per questo inatteso
regalo.
Lasciamo
il Grootberg Lodge, forse il più bello in cui abbiamo
mai alloggiato, e ci spostiamo verso sud, fermandoci a
visitare sia linteressante foresta pietrificata che
le antichissime pitture rupestri di Twilfefontein.
Da qui il paesaggio comincia a farsi più desertico tanto
che si cominciano ad intravedere i primi struzzi;
decidiamo di fare tappa a Cape Cross, così ci dirigiamo
verso la Skeleton Cost preannunciata dal muro di nebbia
che si frappone al mare.
Arriviamo alla colonia di foche inondati
dallintenso odore provocato dagli animali e dalle
indistinguibili chiazze di sangue dovute
alleliminazione controllata da parte
delluomo.
Restiamo per un po ad osservare la vita di questi
mammiferi che si dividono tra quelli che fanno acrobazie
in acqua e quelli, la maggior parte, che sonnecchiano
sulla battigia, mentre alcuni sciacalli pattugliano la
colonia in cerca dei loro piccoli.
Arriviamo a Swakopmund dopo aver girato diversi giorni
nella Natura, tanto che rimettersi nel traffico cittadino
ci sembra una novità.
Qui troviamo difficoltà a trovare alloggio (ci dicono
che il venerdì è sempre così), per cui dopo tanto
girovagare arriviamo al Sea Breeze, guest house gestita
da 2 italiani.
La scelta si rivelerà ottimale e lospite si
dimostra cortese, tanto che ci intrattiene con uninteressante
chiacchierata sulla Namibia, cosa chi ci rende partecipi
della realtà del paese, dove i bianchi e i neri non sono
ancora assimilati e dove gli stessi bianchi si isolano
nei quartieri residenziali e nelle proprie etnie di
origine.
Il giorno successivo finalmente abbandoniamo la macchina
per dedicarci alla visita della città, che si rileva
abbastanza attraente, anche se architettonicamente fuori
luogo, tanto i suoi edifici hanno laria di città
tedesche o olandesi.
Troviamo un paio di negozi di artigianato di livello,
anche se decidiamo di dedicare lo shopping per
lultimo giorno a Windhoek; scopriamo invece molto
interessante il museo cittadino, in particolar modo per
la storia coloniale e del primo novecento (notevole la
ricostruzione di una farmacia).
Lasciamo Swakopmund dopo aver assaggiato lottima
cucina a base di pesce del Tug, che a dispetto degli anni
di attività e della notevole pubblicità offertagli
dalle guide turistiche, mantiene alto il livello
qualitativo.
Siamo arrivati allultima parte del nostro viaggio,
che ci porterà nellinterno del deserto del Namib.
Facciamo breve sosta a Walvis Bay scoprendola inglobata
nelle sterminate distese di container e fabbriche per la
surgelazione del pesce, cosa che fa pensare quasi fuori
luogo labbattimento controllato delle foche di Cape
Cross accusate della diminuzione della fauna ittica di
questi mari; fortunatamente il sorriso ci torna quando
avvistiamo limmensa colonia di fenicotteri nella
vicina laguna.
Arriviamo a Solitaire, dove assaggiamo la famosa ed
eccezionale torta di mele, e girovaghiamo per la stazione
osservando le foto ingiallite dal tempo che testimoniano
la desolante bellezza che questo luogo aveva in origine.
Viaggiamo ormai da diversi giorni e i paesaggi ci
sembrano quasi familiari, tanto che notiamo che da Uis
non abbiamo più incontrato villaggi abitati da neri.
Finalmente arriviamo a Sesriem, dove purtroppo scopriamo
che alloggiando fuori del parco (noi siamo a 5km) non ci
è permesso entrare nel gate prima dellalba.
Questo
inconveniente comunque non ci impedisce di scalare con
una fresca temperatura la famosa duna 45, da dove ci
godiamo delle meravigliose vedute sul mare rosso che la
circonda. Anche Dead Vlei ci regala delle belle emozioni
di solitudine, anche se cominciamo ad essere attorniati
da turisti annoiati provenienti dai lodge di lusso della
zona.
Il caldo comincia a farsi sentire in maniera opprimente
per cui decidiamo di fermarci un paio di ore
allombra degli sparuti alberi. Solo nel pomeriggio
riusciamo a ripartire verso la duna Elim, che decido di
scalare scoprendo di essere in completa solitudine: un
ricordo indimenticabile.
Prima del meritato riposo, facciamo un giro nel canyon di
Sesriem, ancora circondati dagli stessi turisti dei lodge,
questa volta tornati profumati dopo la sosta
pomeridiana nelle loro fresche stanze; nonostante queste
brutture il canyon è affascinante, quanto quelle poche
piante che nascono dalla roccia e che vivono con
pochissima acqua a disposizione.
Ormai siamo alla fine del viaggio, dedichiamo
lultima mattina a Windhoek agli acquisti che ora
abbelliscono la nostra casa e alla visita al museo della
città, forse meno completo rispetto a quello di
Swakopmund, ma interessante e specializzato per la parte
relativa agli ultimi anni di storia di indipendenza
namibiana.
Riconsegniamo la jeep e chiacchieriamo con
limpiegata della Savannas, la quale
trovandoci entusiasti della nostra avventura ci
suggerisce un prossimo viaggio attraverso un itinerario
abbozzato su una cartina: da Windhoek al delta
dellOkawango, fino alle Victoria falls e ritorno
per il Caprivi. Torniamo a casa ripensando a quella mano
che indicava unimmaginaria strada su una mappa,
sognando che magari un giorno questo si potrà avverare.
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