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i diari dei viaggiatori diari u.s.a.

 

FLORIDA, aprile 2009

di Alessandro e Sabrina

28 marzo – 11 aprile 2009

 

Diciamolo subito: la Florida non è il west. Non ci sono paesaggi da sogno ad ogni curva, non ci sono le Montagne Rocciose, non ci sono i grandi spettacolari parchi dell’Arizona o dello Utah, non ci sono i cowboys e non ci sono neanche le strade lunghe e diritte da percorrere per centinaia di chilometri senza incontrare anima viva. La Florida è un’America diversa, e in modo diverso bellissima. Per noi Florida significava Miami Beach e i parchi tematici di Orlando, il mare delle Keys e le paludi delle Everglades, ma alla fine possiamo dire che un viaggio in Florida è molto di più: è il viaggio attraverso uno stato di cui scopriamo solo una parte, ma che presenta aspetti tanto diversi quanto vari ed interessanti, che offre la possibilità di scoprire realtà uniche al di fuori del comune pensare turistico.

Il tour che abbiamo organizzato, grazie come sempre all’insostituibile e fondamentale contributo di forumviaggiatori.com ed ai diari di turistipercaso.it, prevede un lungo loop che attraversa tutta la metà meridionale dello stato, da Miami ad Orlando, passando per la costa ovest e le Everglades, fino alla punta meridionale di Key West, per un totale, a conti fatti, di 1500 miglia e circa 2950 euro, in due, tutto compreso (di cui solo 90$ di benzina). Per gli alberghi ci siamo quasi sempre affidati alle grandi catene come Super8 e Howard Johnson, tutti prenotati in anticipo dall’Italia, mentre per la creazione dell’itinerario abbiamo usato l’insostituibile Microsoft Streets and Trips. Ma non perdiamoci troppo in spiegazioni e partiamo col diario vero e proprio.

 

sabato 28 marzo, CESENA – MIAMI

Non cominciamo per niente bene. Appena entrati in aeroporto la prima riga dei monitor segnala un volo con un ritardo di tre ore: è il nostro American Airlines (acquistato prima di Natale su orbitz.com per 730 dollari a testa, andata malpensa-new york-miami - ritorno miami-londra-malpensa). Pare che l’aereo sia partito in ritardo da New York a causa del maltempo, ma la cosa più divertente è che il volo Alitalia previsto alla stessa ora parte in perfetto orario. In realtà non siamo molto preoccupati perché a New York avremmo comunque avuto una sosta di cinque ore che, ci assicurano al check-in, sono più che sufficienti per coprire il ritardo e le operazioni di sbarco/imbarco. Una nota su American Airlines: non avendo acquistato il biglietto direttamente dal sito della compagnia, non ci è stato possibile fare il check-in online, cosa che ha di fatto annullato la comodità, almeno in partenza, di avere il solo bagaglio a mano. Non avere bagagli stivati risulta tuttavia comodissimo a New York, dove in ogni caso occorre recuperare e poi reimbarcare le proprie cose. Arriviamo quindi a Miami alle 22:25, in perfetto orario e pronti per ritirare l’auto da Dollar (prenotata su enoleggio.com a 288€ con assicurazioni e pieno di benzina). Attenzione, perché gli uffici dei principali rental car non sono all’interno dell’aeroporto, ma in una zona completamente esterna, quindi bisogna uscire dal gate e posizionarsi su una delle banchine con i nomi dei noleggiatori: entro pochi minuti passerà un mezzo della compagnia scelta per accompagnarvi al deposito auto. Tra una cosa e l’altra usciamo dal parcheggio Dollar con la nostra Chrisler Sebring quasi a mezzanotte. Fortunatamente il nostro motel è vicinissimo, anche se il primo impatto con le strade di Miami è un po’ duro ed impieghiamo un po’ più del previsto per trovare la via giusta. Il Fantasy Inn alla fine si rivela un motel di basso livello, al limite della decenza, più adatto ad una clientela a ore che ai turisti, ma il prezzo ridotto e l’estrema vicinanza all’aeroporto lo rendono comunque una scelta possibile, almeno come appoggio per la prima notte.

NOTTE: Fantasy Inn Motel, 845 E Okeechobee Rd, Miami, tel. (1).305.885.8106, www.fantasyinnmotel.com, mail: admin@fantasyinnmotel.com – 50$ doppia senza colazione tasse incluse (BT).

 

domenica 29 marzo, MIAMI – TITUSVILLE

Nonostante il lungo viaggio il fuso ci fa svegliare presto e siamo subito pronti a cominciare il tour. L’obiettivo della giornata è arrivare a Titusville, in zona Kennedy Space Center, nel tardo pomeriggio, quindi abbiamo un po’ di tempo per fare un giro a Miami Beach e prendere contatto con la nuova realtà. Realtà che si rivela subito insidiosa, perché le strade si incrociano e intersecano su più livelli, cambiano nome e direzione così frequentemente che sentirsi disorientati è il minimo che può capitare. Sbagliamo raccordo un paio di volte, paghiamo un paio di pedaggi che avremmo potuto evitare, ma alla fine riusciamo a trovare una rassicurante M gialla per fare colazione, un market per fare un po’ di spesa e anche Ocean Drive, il lungomare di Miami Beach. Sulla via trafficatissima si affacciano hotel, ristoranti e locali di ogni tipo, tutti con quello stile un po’ retrò che ha sempre un certo fascino e caratterizza l’Art Decò District. Siamo fortunati a trovare un parcheggio e un po’ meno a farci venire l’idea di sederci ad un tavolino per uno spuntino: da bravi turisti ci facciamo subito spennare, ma pazienza, in fondo è il primo giorno. I palazzoni sulla spiaggia, le torrette dei baywatchers, i ragazzi in skateboard...è un piacere fare una passeggiata sotto il nostro primo sole della Florida. Siamo travolti da una disorientata felicità come bambini in un negozio di giocattoli; facciamo anche un giretto in spiaggia, ma un acquazzone tipicamente tropicale ci riporta alla realtà di un clima caraibico: dieci minuti di pioggia e poi di nuovo un sole caldo e splendente che ci accompagna fino a nord, sulla US-95 verso la Space Coast.

Va detto che qui le strade, la interstate in particolare, sono sempre gonfie di veicoli e la pianura circostante non è certo spettacolare. Arriviamo a Titusville dopo circa tre ore e ci presentiamo al motel dove i gestori indiani (dell’India, non nativi americani) non sanno chi siamo e non trovano la nostra prenotazione. Breve scambio di documenti, ricevute e mail, nessun problema dicono...we have rooms, basta passare la carta e siamo a posto. Mica tanto diciamo noi, perchè non abbiamo alcuna intenzione di pagare due volte una stanza già pagata e prenotata. Alla fine si risolve tutto, la colpa la prende la “internet people” e riusciamo a prendere la camera prima di avere la tentazione di lasciarci andare a feroci atti vandalici. Il motel non è niente di speciale, ma ancora una volta la posizione strategica a breve distanza da Cape Canaveral lo classifica tra le soluzioni accettabili.

PASTI: colazione McDonald’s – 11$ in due; pranzo Cardozo, Ocean Drive Miami – 46$ in due; cena al sacco – 7$ in due.

NOTTE: Three Oaks Motel, 707 Hopkins Avenue S, Titusville, tel. (1).321.267.6272, www.threeoaksmoteltitusvillefl.com, threeoaksmotel@bellsouth.net, Jthreeoaks@aol.com – 66,58$ (BT).

 

lunedì 30 marzo, TITUSVILLE – ORLANDO

L’ingresso del Kennedy Space Center (www.kennedyspacecenter.com, aperto dalle 9 alle 19) è poco più a sud di Titusville, verso Cocoa, e per fare i biglietti bisogna raggiungere il visitor center dopo la Astronauts Hall of Fame, oltre il ponte sull’Indian River: non è possibile procedere in maniera autonoma oltre il visitor center. Scegliamo di fare il biglietto “NASA Up Close” che comprende anche la visita guidata alle strutture della base attualmente in uso (62,54$ a testa, molto ben spesi; il biglietto normale costa 40,28$). E’ necessario dire subito a che ora si intende fare la visita guidata e secondo noi conviene scegliere il primo turno disponibile per avere poi tutto il giorno libero per proseguire la visita in modo indipendente. Si parte dalla zona “Space Center Tours”, subito a destra rispetto all’ingresso, con un pulmann ed una guida che spiega le principali attività svolte nella base e nelle singole strutture. Il tour prevede tre soste: alla International Space Station Center, in pratica il quartier generale con gli uffici, alla Observation Gantry, a ridosso del celeberrimo hangar in cui si assemblano i razzi (Vehicle Assembly Building) e infine, dopo un’altra breve sosta vicino alle torri di lancio, all’Apollo/Saturn V Center, un altro enorme edificio che ospita il Saturn V in tutta la sua spropositata lunghezza. Gli edifici degli uffici, l’hangar dell’assemblaggio e le torri di lancio si vedono solo dall’esterno, ad una certa distanza, ma ugualmente l’effetto è notevole e il pensiero di essere così vicini a strutture tante volte viste solo in tv o nei documentari dona alla sosta un fascino del tutto particolare. Il V.A.B. è veramente enorme, così come le rampe di lancio: solo dal vivo ci si rende conto di quale incredibile impiego di mezzi e risorse sia necessario per questo genere di imprese. Il capannone del Saturn V è invece accessibile e appena scesi dal pullman si segue un percoso tra filmati celebrativi e ricostruzioni della sala controllo di Houston, con la riproduzione del conto alla rovescia per il lancio. Infine si accede all’area comune che oltre al razzo ospita anche alcuni satelliti, il modulo lunare e vari cimeli come le tute degli astronauti e le loro attrezzature. In tutto il giro dura poco più di due ore, che facilmente diventano tre se ci si ferma a mangiare qualcosa o si resta un po’ di più a scattare foto e a curiosare. Al termine si risale su uno dei tanti pullman per essere riportati al Visitor Center ed iniziare la visita individuale. Consigliamo di gestire il percorso in funzione delle proiezioni dell’Imax, il cinema 3D assolutamente da non perdere: gli spettacoli sono due e gli orari sono comodamente riportati sul volantino allegato al biglietto d’ingresso. I filmati, la visita dello Shuttle, il Rocket Garden…tutto insomma rende la giornata interessantissima e indimenticabile, facendo del KSC una tappa assolutamente obbligata per chi passa dalla zona di Orlando.

Compreso nel biglietto c’è anche l’accesso alla Astronaut Hall of Fame, che rimane aperta fino alle 20 e può quindi essere comodamente visitata sulla via del ritorno. Vale senz’altro la pena fare una sosta anche qui. Sarà per la suggestione o solo per la visita decisamente particolare, che lasciamo il KSC felici, soddisfattissimi e con un senso di profonda ammirazione per chi è stato in grado di realizzare un sogno così incredibilmente grande, consapevoli di aver assistito all’espressione di una potenza così manifesta che lascia senza parole. Verrebbe voglia di aprire un dibattito sulla ricerca scientifica, sulla gestione delle risorse umane ed economiche, ma evitiamo ogni commento sugli italici costumi che appaiono ben miseri di fronte a risultati di tale portata. Diamo invece un consiglio meno nobile e più turistico: se volete acquistare qualcosa di “spaziale” fatelo qui, perché solo all’interno dello Space Center si possono trovare capi d’abbigliamento e oggetti marcati NASA o attinenti alle esplorazioni spaziali.

In poco più di un’ora siamo già travolti dal traffico di Orlando, ma riusciamo a districarci abbastanza bene nella ricerca dell’International Drive, il punto di riferimento per chi ha intenzione di visitare i numerosi parchi a tema. A prima vista sembra quasi di trovarsi sulla Strip di Las Vegas: grandi alberghi, strutture audaci e scenografiche, ristoranti, fontane, luci e gente che passeggia. Resistiamo alla tentazione di scendere per unirci alla folla e tiriamo dritto verso il nostro Howard Johnson che, dopo le mezze delusioni precedenti, ci riconcilia con i motel e le nostre usuali sistemazioni. Hotel quasi lussuoso, camera grande e pulitissima, colazione e connessione wi-fi, servizio impeccabile e lavanderia, posizionato a metà strada tra Seaworld e Universal Studios…il tutto a meno di 40 dollari: non potremmo desiderare di più.

PASTI: colazione al sacco - 7$ in due; pranzo al KSC – 22,86$ in due; cena Pizza Hut take away – 18$ in due.

NOTTE: Howard Johnson International Drive, 6603 Intl Drive, Orlando, tel. (1).407.351.1327/2900, www.hojo.com, mail: 169@hotel.cendant.com, rdkrause@bellsouth.net, hojodrive@bellsouth.net – 38,65$ (BBT).

 

martedì 31 marzo, ORLANDO

La mattina presto, da queste parti, il cielo è spesso coperto, ma poi la giornata migliora e il sole esce sempre prepotente. Dopo breve riflessione decidiamo che oggi sarà il giorno del Seaworld (www.seaworld.com/orlando, aperto dalle 9 alle 20). All’ingresso rimaniamo sorpresi e un po’ imbarazzati perché mentre ci rivolgiamo alla cassiera per comprare il biglietto (79,82$ a testa + 12$ di parcheggio per auto) questa ci volta le spalle e non si muove neanche mentre la richiamiamo; poi ci guardiamo attorno e vediamo che sono tutti impietriti col capo scoperto e la mano sul cuore…nell’aria l’inno nazionale americano rompe il silenzio. Ci diamo subito un certo contegno e doverosamente rispettosi non parliamo più fino all’ultima nota: una scena incredibile.

Il parco è vastissimo e prendere la mappa al Guest Service è fondamentale, tanto più che sul retro sono elencati tutti gli spettacoli e gli orari, nonché tutti i ristoranti e negozi con le relative specialità. Conviene ditribuire le attrazioni in base agli orari degli spettacoli, cui bisogna presentarsi con un certo anticipo (20 minuti circa) per trovare posti decenti; in particolare non sono da perdere i tre principali show: Believe (le orche), Blue Horizons (i delfini) e Clyde and Seamore (i leoni marini). Tra questi vanno inserite le altre visite, tra cui Wild Artic, una divertente simulazione di arrivo in elicottero al polo nord con incontro di orsi polari e pinguini, la Sky Tower (3$ a testa), l’area di recupero di alligatori, lamantini e leoni marini, il Pacific Point Preserve, una grande vasca con uccelli e leoni marini, la Stingray Lagoon che altro non è che la vasca tattile delle razze. Inutile dire che gli show sono davvero ben fatti ed emozionanti, in particolare quello dell’orca Shamu non lascia indifferenti, ma in generale tutto il parco è molto ben organizzato e la giornata scorre piacevolissima. Per chi ama le attrazioni un po’ più bagnate c’è il sempre affollatissimo Journey to Atlantis, un complesso stile montagne russe che si conclude con una ripidissima discesa del vagoncino su uno scivolo d’acqua.

PASTI: colazione in hotel; pranzo al SeaWorld – 19,06$ in due; cena al sacco - 7$ in due.

NOTTE: Howard Johnson International Drive, 6603 Intl Drive, Orlando, tel. (1).407.351.1327/2900, www.hojo.com, mail: 169@hotel.cendant.com, rdkrause@bellsouth.net, hojodrive@bellsouth.net – 38,65$ (BBT).

 

mercoledì 01 aprile, ORLANDO

Oggi Universal Studios (www.universalorlando.com), l’altro parco a tema che avevamo deciso di vedere. L’area Universal in realtà comprende due grandi parchi tematici: il classico Universal ed il più “movimentato” Islands of Adventure. Avendo un solo giorno a disposizione noi avevamo già deciso per il parco classico, ma chi ha più tempo o il desiderio di provare attrazioni più vivaci e adrenaliniche può scegliere Islands of Adventure o entrambi; il biglietto per un solo parco costa 79,83$ a testa (più 12$ di parcheggio per auto), mentre con 15 dollari in più si può accedere ad entrambi i parchi. Attenzione però, perché il piccolo sovrapprezzo è goloso, ma una visita completa di una delle due aree, tra file attrazioni e soste, non lascia molto tempo ed energie per la visita della seconda: converrebbe avere due giorni a disposizione e scegliere il biglietto da 120 dollari “2 parks – 2 days”.

Il parco Universal, neanche a dirlo, è molto bello, non solo per le attività, ma anche per la cura dei particolari, le scenografie e l’ambientazione nel suo complesso: c’è la ricostruzione di Hollywood, quella di New York e quella di San Francisco, veri e propri quartieri in cui sono collocate le principali attrazioni. La mappa è ancora una volta utilissima e ancora di più lo sono gli elenchi degli orari degli show: se si entra presto, conviene dirigersi subito verso quelli che aprono prima, così da evitare inutili attese e perdite di tempo prezioso.

Sopra tutti ci sentiamo di mettere Terminator 2, un bel 3D-film con irruzione di veri attori, The Simpsons Ride, una nuova tipologia di montagne russe virtuali veramente incredibili, Jaws, una gita in barca attaccati dallo squalo nel ricostruito villaggio di Amity. Molto divertente e simpatico anche Disaster, una simulazione di catastrofe naturale con interazione dei visitatori; spassosissimo Men in Black, dove si accumulano punti sparando ad alieni che compaiono dal buio; molto ben fatto il 4D di Shrek e meritevoli di una visita E.T., Twister e l’Horror Make-up Show. Una nota a parte merita La Mummia, che si distingue dal resto per essere un’attrazione molto molto più adrenalinica del previsto: di fatto c’è un’attesa abbastanza lunga per pochi secondi di tormentatissima e violenta corsa su un vagoncino impazzito. Bellissimo per chi ama il genere.

Non nominiamo tutte le cose da vedere perché comunque la giornata trascorre in fretta ed è bello anche solo camminare tra le stradine di queste realtà che saranno anche ricostruite, ma risultano sempre irresistibilmente affascinanti.

PASTI: colazione in hotel; pranzo Universal Studios – 20,84$ in due; cena Ponderosa Steakhouse, Intl. Drive, Orlando – 32$ in due.

NOTTE: Howard Johnson International Drive, 6603 Intl Drive, Orlando, tel. (1).407.351.1327/2900, www.hojo.com, mail: 169@hotel.cendant.com, rdkrause@bellsouth.net, hojodrive@bellsouth.net – 38,65$ (BBT).

 

giovedì 02 aprile, ORLANDO – HOMOSASSA

L’unico impegno della giornata è il breve trasferimento a Homosassa, così decidiamo di dedicare il tempo dolosamente lasciato libero alla visita del Prime Outlet, alla fine di International Drive. Quasi 200 negozi, marchi più o meno prestigiosi, ristoranti…insomma tutto quello che serve per consumare le carte di credito. Tralasciamo per decenza il racconto delle ore spese all’interno dello shopping center e consigliamo piuttosto, a chi fosse interessato al genere, un grande negozio specializzato in articoli sportivi originali: Sports Dominator al 6464 di International Drive. Posto vicino alla deviazione per gli Universal Studios, impossibile non vederlo, offre materiale originale di tutte le squadre dei principali sport: NFL, MLB, NBA, NHL, magliette, caschi, palloni, cappellini, stemmi…un vero paradiso per chi desidera portare a casa un pezzo di passione che va oltre il semplice abbigliamento sportivo.

Un po’ di spesa da Walmart e in poco più di due ore siamo sulla costa ovest, in località Homosassa, dove troviamo una particolarissima ambientazione da profondo sud: le case in stile, gli alberi coi rami protesi fino a lambire le acque dei fiumi, i turisti che sembrano abitare qui da sempre, così attrezzati e a proprio agio in un’atmosfera calda e rilassata. Qui la gente viene per stare in pace, per pescare e fare grigliate in veranda, per esplorare le lagune in canoa e per fare escursioni in barca tra enormi pesci di fiume e i placidi lamantini…o manatee, come li chiamano qua. Ci sentiamo quasi a disagio, noi turisti di corsa, un po’ ospiti e un po’ intrusi, disposti a dedicare così poco tempo a questo luogo sereno che merita senz’altro una sosta più lunga. Il Riverside Resort è un complesso di edifici che di fatto caratterizza e costituisce l’intera area: una specie di super camping con strutture per le camere, il ristorante, gli spazi per le attrezzature e le riparazioni, il molo e le barche per le escursioni. Esiste anche un’isoletta in mezzo al fiume, nata quasi per caso una trentina d’anni fa per contenere l’invadenza di un paio di scimmie portate da un naturalista, ed oggi diventata un’attrazione turistica chiamata “Monkey Island”. Insomma un bellissimo posto dove trascorrere una vacanza di assoluto relax. Da segnare per future gite.

Non possiamo evitare di andare a cena al ristorante del centro (anche perché è l’unico) per goderci la vista del fiume placido sotto di noi e la divertente commedia delle scimmie che regalano le ultime evoluzioni prima di ritirarsi nelle loro casette. Presi dall’atmosfera marinara ordiniamo la specialità della casa: i granchi azzurri. Attenzione perché le creature sono squisite, ma anche giganti e ve ne portano letteralmente un secchio pieno a testa, anche se dicono che dentro ce ne sono solo sei. Sarà vero, comunque ci togliamo la voglia di granchi per un bel pezzo.

PASTI: colazione in hotel; pranzo al sacco - 7$ in due; cena Riverside Crab House, Homosassa – 41,24$ in due.

NOTTE: Riverside Resort, 5297 S Cherokee Way, Homosassa, tel. (1).352.628.2474, www.riversideresortsbanquet.com, mail: info@riversideresorts.com – 70,85$ (BT).

 

venerdì 03 aprile, HOMOSASSA – CLEARWATER

Ci svegliamo presto sotto un vero e proprio monsone. Vento forte, acqua a secchiate e cielo nero da tempesta: l’escursione in barca per nuotare coi manati sembra proprio impossibile. Facciamo comunque colazione, ci prepariamo e per fortuna alle 9 c’è già il sole. Le barche però non escono e così pensiamo di sostituire la gita sul fiume con la visita all’Homosassa Springs Wildlife State Park (4150 Suncoast Blvd, Homosassa – 9,50$ a testa, www.homosassasprings.org) e la scelta ci premia con una mattinata interessantissima in un parco semplice, ma ben tenuto, curato e ricco di quasi tutte le specie animali della Florida. Dai fenicotteri alle balden eagles, dai pellicani agli avvoltoi neri, dagli alligatori ai lamantini: il percorso si snoda su un sentiero tra le aree recintate e può essere gestito anche in riferimento ai previsti e segnalati pasti degli animali. Neanche a dirlo, il più gettonato è senz’altro il momento del pranzo dei lamantini: non si nuoterà con loro, ma li si osserva da molto vicino, sia mentre un addetto li nutre in acqua che da una postazione sommersa. L’anziano volontario è quasi travolto dalle placide creature che per avere un boccone in più lo sfiorano con le pinne e col muso. Davvero spassoso. L’accesso al parco è consentito sia dalla strada secondaria che porta ad Homosassa, che dal Visitor Center, posto sulla highway: in quest’ultimo caso l’ingresso vero e proprio viene raggiunto con una piacevole escursione in barca sul fiume. Tutto molto molto interessante.

Dopo pranzo riprendiamo la I-19 in direzione Clearwater e deviamo per Caladesi Island, che dovrebbe essere una delle spiagge più interessanti. Dovrebbe, perché in realtà non ci convince fino in fondo e onestamente, dopo aver visto anche altre spiagge, possiamo dire che questa non è certo la migliore. Comunque ora non esageriamo: resta una bella spiaggia di sabbia chiara, con pochissima gente, dove trascorrere qualche ora a prendere il sole. Per raggiungerla ci sono solo due modi: da sud, a piedi da Clearwater Beach come abbiamo fatto noi; da nord, in barca da Honeymoon Island. La parte sabbiosa occupa tutto il litorale ovest di una lingua di terra lunga e stretta, affacciata sul golfo del Messico parallelamente alla costa. Attenzione perché per andarci a piedi occorre parcheggiare a Clearwater Beach, dove non è proprio facile trovare posto e dove a un certo punto la strada finisce contro delle proprietà private.

PASTI: colazione al sacco; pranzo al sacco – 5$ in due; cena Burger King, Clearwater – 15$ in due.

NOTTE: Super8 Motel, 22950 US19, Clearwater, tel. (1).727.799.2678, www.super8.com – 55,87$ (BBT).

 

sabato 04 aprile, CLEARWATER – FORT MYERS

Oggi si prospetta una giornata impegnativa viste le molte spiagge che vorremmo visitare. Sveglia presto, colazione al Super 8 e alle 10 siamo già a S.Pete beach, dove sostiamo un’oretta per scattare qualche foto e prendere un po’ di sole. La spiaggia non è certo indimenticabile, così proseguiamo in auto fino a Fort de Soto, ultimo lembo di terra che da nord chiude la Tampa Bay. L’isola è arricchita dalla presenza del caratteristico avamposto fortificato che ospita ancora alcuni cannoni e consente una panoramica passeggiata sulle mura, affacciate sulla spiaggia bianca. La visita al forte è libera e non porta via molto tempo, tanto che si può tranquillamente parcheggiare sotto gli alberi e poi andare a ritagliarsi un posto sull’affollata sabbia in riva al mare: il luogo, nel complesso, è molto carino e merita senz’altro una sosta. Per raggiungere la parte sud della baia percorriamo il Sunshine Skyway Bridge e, sempre seguendo la FL-19, arriviamo fino alla FL-64 per Anna Maria Island. Questa è la più settentrionale del gruppo di isolette che incorniciano la costa di Sarasota e si è rivelata una piacevolissima sorpresa. Alla spiaggia si accede sempre attraverso le caratteristiche passerelle di legno e il primo impatto è un po’ scoraggiante perché ci si trova immersi in una folla di persone in costume. Basta però fare pochi passi verso nord per ritrovarsi nell’assoluta solitudine, accompagnati dai gabbiani e dai pochi che decidono di camminare sul bagnasciuga. I palazzi che si affacciano sulla spiaggia sono quasi nascosti dalla vegetazione e la zona dei grandi alberghi e della massa turistica appare lontanissima, tanto che ci si sente davvero su un’isola. Purtroppo il tempo a nostra disposizione non è molto e dopo neanche tre ore ripartiamo in direzione Sarasota per raggiungere Fort Myers. Prima di tornare sulla costa continentale ci fermiamo però anche a Sarasota Beach, tanto per dare un’occhiata: anche questa davvero niente male. Una spiaggiona lunga con una vocazione più turistica, con le caratteristiche torrette dei baywatchers e tanto spazio per lettini ed ombrelloni. Tempo di una foto ed una passeggiatina e siamo già in marcia verso sud. Arriviamo a Fort Myers che è buio ed una serie di lavori stradali ci fa per un attimo perdere l’orientamento: le deviazioni sembrano portare al nulla, le imprecazioni riempiono l’abitacolo buio e come lampi illuminano la notte, ma alla fine, grazie anche alle mappe provvidenzialmente salvate sul netbook, ritroviamo la retta via e guadagnamo il parcheggio del nostro Howard Johnson.

PASTI: colazione in hotel; pranzo al sacco – 5$ in due; cena Pizza Hut, US41 Cleveland Avenue, Fort Myers – 24,77$ in due.

NOTTE: Howard Johnson Express Inn, 13000 US41 N Cleveland Avenue, Fort Myers, tel. (1).239.656.4000, www.hojo.com – 45,37$ (BBT).

 

domenica 05 aprile, FORT MYERS

E’ domenica e le ripercussioni sul traffico verso le destinazioni balneari sono subito evidenti. Attraversiamo senza problemi la bella zona residenziale di Fort Myers e ci troviamo ben presto prigionieri della coda di veicoli in lento movimento verso le isole. L’accesso a Sanibel è a pagamento (6$ a veicolo) e subito dopo il ponte si trova il visitor center sulla destra. Oltre alla mappa, ci consegnano anche un avviso di allerta per gli squali: pare che un ragazzo sia stato medicato all’ospedale in seguito a ferite riportate per l’attacco di uno squalo al largo della costa di Sanibel. Al termine del lungo rettilineo si incrocia la Sanibel-Captiva Road e conviene girare a destra per accedere alle più famose spiagge del lato ovest: noi scegliamo Tarpon Beach. La particolarità che ci aveva attirati a Sanibel era, tra le altre, l’esistenza di spiagge letteralmente fatte di conchiglie. In realtà ci sentiamo di sfatare, almeno in parte, questo mito: è vero che ci sono brevi tratti completamente ricoperti di piccole conchiglie, ma la spiaggia si presenta come una normale, bella, spiaggia di sabbia bianca. Tutto ciò ovviamente non toglie fascino ad una sosta gradevolissima. Restiamo a Tarpon Beach tutta la mattina e poi ci spostiamo verso Captiva: inutile dire che l’unica strada è trafficatissima e si procede molto molto a rilento. Tuttavia abbiamo l’impressione che la grande massa dei turisti sia concentrata nella zona di Sanibel e nella prima parte di Captiva: ci sembra che proseguendo verso l’estremità nord dell’isola diminuiscano sia il traffico in strada che la presenza dei bagnanti in spiaggia, anche se parcheggiare non è mai semplice. La piccola park area a ridosso della sabbia risulta di fatto inaccessibile, vista l’affluenza di veicoli, così lasciamo la nostra macchina in una vicina piazzetta circondata da negozi e ristoranti: la sosta sarebbe riservata ai clienti, ma è troppo difficile verificare. Lo scenario in riva al mare è comprensibilmente molto simile a quello di Sanibel, ma camminando verso nord si può trovare pace e tranquillità. Trascorriamo un piacevolissimo pomeriggio tra la battigia e le colorate stradine di Captiva, impreziosite dai caratteristici edifici in stile colonial-caraibico: l’ambientazione particolare e l’atmosfera rilassata ci fanno alla fine preferire quest’isola e questa costa alle altre finora visitate. Prima di tornare a Fort Myers facciamo tappa al Sanibel Lighthouse, sulla punta meridionale, ed evitiamo gran parte del traffico del rientro. Il faro sembra un pozzo petrolifero a sovrastare la piccola spiaggetta che guarda la città dall’altra parte dello stretto braccio di mare ed è chiaro che è stato raelizzato con soli fini pratici, senza troppi fronzoli artistici.

PASTI: colazione in hotel; pranzo al sacco – 5$ in due; cena Taco Bell, US41 Cleveland Avenue, Fort Myers – 11,86$ in due.

NOTTE: Howard Johnson Express Inn, 13000 US41 N Cleveland Avenue, Fort Myers, tel. (1).239.656.4000, www.hojo.com – 45,37$ (BBT).

 

lunedì 06 aprile, FORT MYERS – FLORIDA CITY

Facciamo una buona colazione in hotel e prendiamo subito la FL-41 verso sud: prima di arrivare alle Everglades vorremmo fare un giretto a Naples e vedere Marco Island. Siamo un po’ bruciacchiati dal sole dei giorni precedenti, ma non vogliamo perderci niente di quanto previsto. Arriviamo a Naples verso le 10 e percorriamo il bellissimo Gulf Shore blvd: è un bel viale che attraversa i quartieri residenziali, caratterizzati da splendide villette e costruzioni incastonate in verdi giardini, con le cassette della posta sulla strada come vediamo nei film, ciascuna con una forma particolare, veri e propri capolavori di artigianato. La zona dei ristorantini e dello shopping, il centro “storico-turistico” della città, rimane invece sulla 41, più o meno all’altezza della 5th avenue: una passeggiata lungo questi vialetti è senz’altro un piacevole modo di trascorrere qualche ora. Riprendiamo comunque la strada verso sud fino alla 951 (Collier blvd) che ci conduce a Marco Island. L’isola è di fatto racchiusa all’interno dell’anello della Collier blvd, da cui si diramano le stradine per le spiagge e i vari luoghi di interesse. Attenzione però, perché non è sempre così facile individuare la deviazione giusta, in particolare la famosa Tigertail Beach si raggiunge dopo una serie di piccole deviazioni sul lato nord-ovest: dalla Collier, poco dopo l’Information Center, bisogna vedere sulla destra il piccolo cartello per Tiger Parking Beach; dopo la svolta si gira ancora a sinistra sulla Hernando che porta direttamente al parcheggio. La sosta è a pagamento (8$), ma volendo c’è uno spiazzo sterrato pochi metri prima: noi abbiamo lasciato l’auto proprio lì, insieme ad altre vetture, visto che comunque intendevamo fare una sosta piuttosto breve. Se si pensa di restare a lungo in spiaggia, conviene entrare e pagare, quantomeno per evitare brutte sorprese. Superata l’area attrezzata con tanto di ristorantino si accede alla spiaggia vera e propria, come sempre discretamente affollata nella parte a ridosso dell’ingresso, ma liberissima e quasi deserta pochi passi più in là. Già a prima vista ci rendiamo conto che questa parte di Marco Island meriterebbe una sosta ben più lunga di quanto possiamo fare noi, anche perchè, oltre alla meraviglia dello scenario, la lingua di sabbia bianca prosegue verso sud a semicerchio creando una vera e propria laguna con acque calme e cristalline, riparata dalle onde dell’oceano e colorata, sul lato più esposto, dal verde della vegetazione. Ci piacerebbe passeggiare fino all’altro lato della “baia” per fermarci a prendere il sole in totale solitudine, ma un po’ per il tempo tiranno e un po’ per la pelle che tende già al rosso siamo costretti a limitare la permanenza. Peccato; vorrà dire che la prossima volta torneremo con più tempo a disposizione, perché davvero il posto merita. Per uscire dall’isola si può riprendere il ponte della 41, all’estremità nord, oppure imboccare, a sud, la 92 che conduce direttamente sulla 41, un po’ più a est verso Miami: da qui a Florida City, dove è l’ingresso dell’Everglades National Park, si percorrono circa 95 miglia con gran parte dell’area delle paludi sulla destra.

Lungo tutteo le 95 miglia, dall’inizio alla fine, si attraversa un territorio paludoso, ricoperto di vegetazione più o meno rigogliosa, con specchi d’acqua più o meno ampi e punteggiato di innumerevoli centri attrezzati per le escursioni in airboat. I cartelli sulla strada richiamano l’attenzione ed i punti di partenza dei tour si trovano sia a destra che a sinistra: non sappiamo quale sia la reale differenza tra gli uni e gli altri, così come non sappiamo se sia meglio fare l’escursione subito o più verso Florida City, con gli indiani o con gli americani. Di certo per oltre 50 miglia si attraversa la Big Cypress National Preserve, mentre dalla Shark Valley in poi la 41 delimita il confine nord dell’Everglades National Park. Per questo ci è sembrato più logico scegliere un tour sulla destra verso la fine del percorso, per essere effettivamente all’interno del parco e nella parte più estesa e libera della riserva. Probabilmente, visto che comunque tutte le gite durano dai 30 ai 45 minuti, la differenza alla fine è minima, anche se alcuni hanno chiaramente scritto che non garantiscono avvistamenti di wildlife (e forse per questo costano un po’ meno). Diciamolo chiaramente: anche se è carino fare il giro in barca e vedere gli uccelletti che nidificano e svolazzano, lo scopo della gita è vedere quanti più alligatori possibile, quanto più vicino possibile. Noi scegliamo Coopertown Airboat Rides, forse il penultimo prima che la 41 termini sulla 997, a Florida City, che afferma di essere in attività dal 1945, con tanto di bandiera americana che garrisce sul tetto: il giro dura 45 minuti e costa 21$ a testa, su barca con 7-8 persone. Prima di partire ci danno del cotone per tappare le orecchie, ma il rimedio riesce solo a limitare i danni di un rumore veramente infernale; tanto più che dopo dieci minuti incredibilmente ci impantaniamo e la barca, seppur con fondo piattissimo, non riesce a procedere. In breve arrivano i soccorsi, anticipati dalle imprecazioni del capo che sovrastano abbondantemente il frastuono delle eliche, e dopo mezzora di simpatico fuori programma, con tanto di trasbordo ad altra barca su passerelle in legno, riusciamo a riprendere il cammino. Il nostro eroe comunque è uno dei soccorritori, un omone evidentemente alle prime esperienze che, nel vano tentativo di spostare a braccia l’airboat, mette entrambi i piedi in fallo e si ritrova nelle sabbie mobili fino alla cintura, col capo che gli lancia i più atroci rimproveri (non lo capiamo, ma il tono non lascia molti dubbi sul contenuto) e le paludi che lo ingoiano sempre più, ad ogni tentativo di liberarsi. Alla fine comunque il nostro riesce a mettersi in salvo e, forse per espiare la colpa, viene lasciato sotto il sole tra le erbacce, mentre noi riguadagnamo la barca, mezzo chilometro più avanti. Che dire…il tour in airboat è un’esperienza particolarissima, carina ed unica al mondo, ma non è certo una cosa memorabile e imperdibile; è comunque una cosa che va senz’altro fatta: noi ne siamo usciti divertiti, un po’ rintronati per il rumore, ma pienamente soddisfatti.

PASTI: colazione in hotel; pranzo al sacco – 9$ in due; cena McDonald’s, FL997 Krome Avenue, Florida City – 13,89$ in due.

NOTTE: Super8 Motel, 1202 North Krome Avenue, Florida City, tel. (1).305.245.0311, www.super8.com – 66,67$ (BBT).

 

martedì 07 aprile, FLORIDA CITY – KEY WEST

Stasera dobbiamo essere a Key West, così poco dopo le 9 siamo già all’ingresso dell’Everglades National Park (ingresso 10$ a vettura, www.nps.gov/ever). Il Visitor Center è situato prima dell’ingresso e conviene fermarsi subito per prendere una mappa ed eventualmente informarsi sulle attività guidate dei rangers. A breve distanza dall’entrata c’è l’area denominata Royal Palm che comprende alcuni dei trail più famosi ed interessanti, primo fra tutti l’Anhinga Trail. Si tratta di un breve percorso su passerelle in legno che attraversa numerose pozze d’acqua, ricchissime di ogni tipo di uccello e di alligatori di ogni dimensione. Gli avvistamenti sono numerosissimi e il trail risulta molto molto piacevole: scattiamo foto ravvicinate ad alligatori, ibis, gru, tartarughe, anhinga (il piccolo uccello pelicaniforme da cui il trail prende il nome) e grossi avvoltoi neri che ci accompagnano per tutto il cammino. Il vicino e brevissimo Gumbo Limbo Trail (dal nome dell’albero gumbo limbo) risulta per la verità piuttosto deludente, forse più adatto ad un esperto botanico. Proseguendo verso sud si incontrano il Pa-hay-okee Overlook ed il Mahogany Hammock, poco più che view points con brevissime escursioni sulle passerelle attraverso la vegetazione, senza alcun avvistamento degno di nota. La strada termina a Flamingo, dove si trova un Visitor Center e da cui partono i principali trail in canoa. Il luogo è senz’altro ameno, la vista sulla Florida Bay fino alle Keys è sicuramente spettacolare, ma se non si ha intenzione di campeggiare qui o di intraprendere un trail sull’acqua, forse non conviene usare tanto tempo per spingersi fin quaggiù, soprattutto se si hanno poche ore a disposizione.

Ripercorrendo i nostri passi per raggiungere la Interstate 1 notiamo la scritta “Robert is here”, un grande stand di frutta e verdura che offre anche prodotti tipici home-made come marmellate e conserve. Ci sembra fornitissimo e ci fermiamo per comprare qualcosa di fresco, ma a dire la verità i prezzi sono parecchio alti e la qualità della frutta non è così eccelsa; molto meglio i prodotti tipici, presenti in gran quantità e varietà, più difficili da trovare nei supermarket. Per arrivare a Key West bisogna attraversare tutte le Keys, una serie di isolette sul golfo del Messico collegate da una spettacolare strada sopraelevata: è l’unica via, quindi il traffico è sempre piuttosto sostenuto ed i limiti sono comprensibilmente bassi; è quindi prudente calcolare circa 4 ore per percorrere le oltre 100 miglia che separano Florida City da Key West. Inutile aggiungere commenti sull’unicità di questa via strappata al mare, che offre scenari e scorci da cartolina ad ogni chilometro, che regala l’emozione di trovarsi in macchina in mezzo all’oceano, tra isole di sabbia bianca e “atolli” di mangrovie. Da Key Largo a Bahia Honda, passando per Islamorada e Marathon, è tutto un susseguirsi di straordinari ponti a piloni e località dal forte sapore caraibico. Già osservando le insegne dei negozi e lo stile delle abitazioni si ha la sensazione di visitare un paese tropicale, latino: su ogni ponte si vedono persone comuni, anziani e giovani, affacciate sul mare sottostante con semplici e a volte rudimentali canne da pesca e si ha quasi l’impressione che l’evoluta, vicina America continentale ceda il passo al folclore ed alla vivacità del mar dei caraibi. La tentazione di fermarsi su ciascuna isola per prendere il sole su una qualunque delle bellissime spiaggette che costeggiano la strada è forte, ma resistiamo per arrivare a Key West in tempi ragionevoli. L’ultima e più famosa delle Keys ci si presenta come una grande città latina, con palazzi in stile coloniale, viali sul lungomare ed una folla colorata di turisti in movimento. Abbiamo trovato sistemazione presso l’Angelina Guesthouse, un ex-bordello trasformato in una deliziosa sistemazione in pieno centro, giusto connubio tra un prezzo non esagerato (per Key West) e la comodità di potersi spostare solamente a piedi. Ci sentiamo di spendere due parole su quest’ottima soluzione perché in due giorni siamo riusciti a raggiungere tutti i punti di maggior interesse semplicemente passeggiando, senza doverci mai preoccupare del parcheggio o del traffico. La prenotazione infatti comprende anche un posto auto gratuito che, associato alla cura dell’arredo e della location in generale, alla ricchissima colazione a bordo piscina ed alla squisita gentilezza dei proprietari, completa un quadretto veramente da raccomandare. Usciamo quindi a piedi sulla caratteristica Duval Street, la via turistica per eccellenza che conduce a Mallory Square, dove ogni sera si può partecipare alla Sunset Celebration: in pratica la piazzetta, orientata perfettamente a ovest, è occupata da artisti di strada che inscenano i propri spettacoli tra la gente, in attesa che il sole cali lentamente in mare. L’atmosfera è senza dubbio sfrizzante, l’affollamento è notevole, ma quando ci si trova in una località come questa non si può pretendere di guardare il tramonto in perfetta solitudine. Forse all’inizio la folla e la confusione possono disorientare un po’, ma alla fine, anche per quelli che come noi preferiscono la calma e la tranquillità, tutto diventa più normale e in fondo anche piacevolmente caratteristico. Trascorriamo la serata curiosando tra i negozietti e ci concediamo una bella cenetta a base di pesce e key lime in uno dei tanti localini su Duvall Street.

PASTI: colazione in hotel; pranzo al sacco – 5$ in due; cena da Willie T’s, Duvall Street, Key West – 42$ in due.

NOTTE: Angelina Guesthouse, 302 Angela Street, Key West, tel. (1).305.294.4480, www.angelinaguesthouse.com, mail: theangelina@aol.com – 143$ (BBT).

 

mercoledì 08 aprile, KEY WEST

Dopo la ricca e piacevolissima colazione nel rigoglioso giardino che circonda la piscina, ci incamminiamo verso la spiaggia di Fort Zachary, consigliataci dalla proprietaria della guesthouse. La spiaggia in realtà è parte di uno State Park che comprende anche un antico forte (www.fortzacharytaylor.com), così l’ingresso a pagamento (1,50$ a persona, 3$ a veicolo) consente di evitare il sovraffollamento di bagnanti e permette di godere in pace di quest’angolo davvero unico. Trascorriamo la mattina in totale relax e, dopo il pranzo nel bar sulla spiaggia, andiamo all’esplorazione del centro cittadino: la casa di Hemigway, il vecchio faro e il Southernmost Point sono le tappe principali della nostra passeggiata; in particolare quest’ultimo è una boa gigante in cemento che simboleggia il punto più a sud di tutti gli Stati Uniti. In generale però è tutta l’ambientazione che rende Key West un luogo speciale: tutte le casette in stile coloniale, le chiese bianche coi tetti a punta, i cartelli in inglese e spagnolo, i cartelli che indicano l’inizio e la fine della Interstate 1…tutto insomma completa un quadretto singolare cui siamo contenti di aver dedicato un paio di giorni. Nel tardo pomeriggio torniamo a Mallory Square per vederla prima dell’invasione dei turisti, con più calma e tranquillità. 

PASTI: colazione in hotel; pranzo in spiaggia – 18$ in due; cena al sacco – 6$ in due.

NOTTE: Angelina Guesthouse, 302 Angela Street, Key West, tel. (1).305.294.4480, www.angelinaguesthouse.com, mail: theangelina@aol.com – 143$ (BBT).

 

giovedì 09 aprile, KEY WEST – MIAMI

Nei nostri piani era prevista la sosta balneare in una delle altre keys, ma ci è piaciuta tanto la pace di Fort Zachary che ci torniamo per trascorrere le ultime ore a Key West. Ripercorriamo quindi la 1 nel suo tratto iniziale sull’oceano ed arriviamo a Miami dopo cena, dopo una diseducativa sosta al Prime Outlet di Florida City. A dire la verità avevamo intenzione di arrivare nel pomeriggio, ma l’arrivo notturno ci regala alcuni incredibili e spettacolari scorci della città illuminata: prima di arrivare all’isola su cui è Miami Beach, attraversiamo da sud tutto il centro economico-finanziario, percorrendo la Brickell Avenue che si innalza tra le mille luci dei grattacieli; una volta attraversato il ponte per South Beach (che poi è parte della FL-41) ci fermiamo ad uno dei moli per ammirare la città accesa, risplendente nel buio della notte. Così come di giorno, anzi di più, le strade di Miami Beach come Collins Avenue e Ocean Drive sono un unico serpentone di veicoli che procedono a passo d’uomo, alla ricerca di parcheggi che non esistono. Pur spendendo 25 dollari per il servizio, siamo contenti di aver prenotato il valet parking dell’hotel, che ci permette di lasciare l’auto davanti all’albergo e di non pensarci più fino al giorno dopo. Prima di partire abbiamo ragionato a lungo sull’opportunità o meno di pernottare in Ocean Drive: ora ci sentiamo di dire che, se si ha intenzione di passeggiare lungo le strade dell’Art Decò District, scegliere un hotel in questa zona è assolutamente consigliabile. E’ vero che più ci si sposta a nord e più si ha la possibilità di parcheggiare con comodo, ma è anche vero che pensare di prendere l’auto e scendere verso South Beach di sera è quasi un suicidio, o meglio è senza dubbio una grandissima perdita di tempo, non solo per trovare un posto, ma anche per arrivare. Abbiamo anche sentito commenti sull’eccessivo rumore dell’Ocean Drive, che addirittura non consentirebbe di dormire: noi non abbiamo avuto assolutamente nessun tipo di problema ed eravamo, se così si può dire, esattamente nell’occhio del ciclone. Ci sentiamo anche di consigliare il nostro hotel (prenotato su www.booking.com), un po’ datato, ma bello e pulitissimo e quasi lussuoso, almeno per i nostri standard, e comunque con un ottimo rapporto tra qualità, prezzo e posizione.

PASTI: colazione in hotel; pranzo al sacco – 5$ in due; cena McDonald’s, US1, Miami – 14,09$ in due.

NOTTE: Park Central Hotel, 640 Ocean Drive, Miami Beach, tel. (1).305.538.1611, www.theparkcentral.com, mail: reservations@goldmanproperties.com – 123$ (BT).

 

venerdì 10 aprile, MIAMI – ITALIA

Ultimo giorno. Ci alziamo con calma, ci facciamo nuovamente rapinare da bravi turisti per un pasto nei locali di Ocean Drive e, prima di riconsegnare l’auto nei pressi dell’aeroporto, andiamo all’esplorazione del cuore finanziario di Miami, ripercorrendo a ritroso i nostri passi della sera precedente. Cerchiamo una delle stazioni del metromover, la monorotaia che attraversa il centro cittadino: troviamo il capolinea proprio nel Finacial District, con sotto un comodissimo posto auto con tanto di parchimetro. Questa specie di metropolitana sopraelevata è in realtà pensata per chi lavora negli uffici della zona ed è costituita da diverse linee circolari completamente gratuite: in poco più di mezzora facciamo tutto il loop della linea principale e ci godiamo la città dall’alto, scattando foto come giapponesi ai mille insoliti scorci che ci si presentano davanti. Raggiungere l’aeroporto è facilissimo, per noi che ora siamo quasi indigeni; riconsegnamo l’auto senza problemi e senza gli inconvenienti dell’andata ritorniamo verso casa.

PASTI: colazione + pranzo Miami – 62$ in due.

NOTTE: in volo.

 

sabato 11 aprile, RIENTRO

Atterriamo a Malpensa alle 14, in perfetto orario, e prima di cena siamo a casa dopo un nuovo viaggio in macchina su strade più familiari, ma molto meno affascinanti, con la mente ancora piena delle immagini che fino a poche ore prima erano state la nostra normalità. Immagini incredibili come quelle del Kennedy Space Center, che a ripensarci verrebbe da dire che da solo quasi vale il viaggio, spensierate come quelle che solo i parchi tematici sanno regalare, rilassate come quelle della west coast e di Key West, uniche come uniche sono le Everglades. Alla fine si tirano le somme e non si può che concludere che un viaggio in Florida è adatto a tutti, adulti e bambini, amanti della natura o della vita di mare, appassionati di tecnologia o fanatici del divertimento; è un viaggio che forse non resterà tra i migliori della nostra vita, ma che comunque si lascia dietro una piacevolissima coda di ricordi dolci e allegri, di cose viste ed esperienze vissute tra le più singolari, di emozioni belle e sincere. Un bel viaggio.

 

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