PATAGONIA e RAPA
NUI: alla fine del mondo e un po' oltre di
Alessandro e Sabrina 1-20
novembre 2009 Tutto inizia dalla coda. Sì, la
coda di una balena immortalata dallo scatto di una
viaggiatrice su forumviaggiatori.com. Da lì parte non
tanto il desiderio, quello è vecchio, quanto il reale e
concreto intento di organizzare un viaggio in Patagonia.
Se poi alla coda si aggiungono il nostro sfrenato amore
per le vacanze naturalistiche ed il desiderio
di soddisfare un capriccio chiamato moai, ecco che il
gioco è fatto e si comincia a pensare a quando andare e
per quanto tempo. Belle domande: lalta stagione
nellArgentina meridionale comincia a dicembre (lestate),
ma già la fine di ottobre e novembre sono mesi buoni per
il trekking con temperature sopportabili; le balene alla
Penisola Valdes sono visibili fino allinizio di
dicembre, mentre allIsola di Pasqua i mesi di
novembre e dicembre dovrebbero (dovrebbero!) coincidere
con la stagione meno piovosa. Leggendo i diari di viaggio ci
siamo resi conto che la Patagonia richiede almeno due
settimane perchè le distanze sono enormi e di
conseguenza gli spostamenti risultano lunghi; in più le
giornate, soprattutto nei parchi, possono essere
abbastanza faticose. Per Rapa Nui invece occorre mettere
in conto almeno quattro giorni, tra spostamenti e visita.
Noi in venti giorni siamo riusciti a fare praticamente
tutto, ma lorganizzazione prima di partire è stata
precisa e puntigliosa, spinta fino ai dettagli, ma senza
esasperazioni; il tutto grazie anche ai preziosissimi
consigli di Lorenzo e Sabrina di forumviaggiatori, che
non smetteremo mai di ringraziare. Visto il gran numero di voli, tra intercontinentali ed interni, e le precedenti esperienze positive, abbiamo voluto riprovare a viaggiare col solo bagaglio a mano, riducendo al minimo il necessario e caricando al massimo, in dimensione e peso, gli articoli da portare in cabina. Così con uno zaino da 60 litri e uno da 30, una borsina per la tecnologia ed unaltra al femminile da circa 20 litri, siamo andati dallaltra parte del mondo. Labbigliamento, come detto, era ridotto al minimo: una giacca tecnica antivento (non imbottita), due pile, due pantaloni, un k-way, un paio di soprapantaloni impermeabili, magliette e gli scarponcini da trekking. Approfittando dei termosifoni e degli indumenti sintetici abbiamo fatto qualche lavaggio la sera per ritrovare tutto perfettamente asciutto la mattina. Per ridurre il peso e non perdere in prestazioni abbiamo acquistato alcuni articoli tecnici in negozi specializzati e dobbiamo dire che la spesa è stata ripagata dagli ottimi risultati, perchè mai abbiamo sentito freddo o ci siamo sentiti in difficoltà per il vestiario. E comunque ora ci ritroviamo con una serie di capi di buona qualità, utili per tutti i prossimi viaggi. Quindi, consiglio: spendete qualcosa in più per una giacchina tecnica e non ve ne pentirete. Le sistemazioni, come al solito, sono state scelte seguendo i consigli degli altri viaggiatori e consultando le guide Cile e Isola di Pasqua di Lonely Planet e Patagonia di Footprint, entrambe utilissime e ben fatte. Gli hostales sono stati prenotati via mail. Tutti i trasporti come voli e bus sono stati acquistati in anticipo dallItalia prenotando direttamente dai siti delle compagnie, così come le principali escursioni guidate al Parque Nacional Los Glaciares. Complessivamente
il viaggio è ci costato circa 3100 euro a testa, tutto
compreso (voli, alloggi, biglietti ,escursioni, pasti,
auto, benzina), esclusi i souvenirs. Al momento del
viaggio i tassi di cambio praticati in loco erano i
seguenti: 1 euro = 1,50 $ = 5,60 AR$ = 730 CLP; tutte le
spese sono sempre espresse nella valuta usata al momento. Il
diario alla fine è venuto un po lungo, ma il
desiderio di raccontare insieme a quello di trasmettere i
migliori consigli ci hanno fatto riempire tante, forse
troppe, pagine di parole. Speriamo che la lettura sia
utile e non risulti troppo pesante. domenica 1 novembre 2009,
CESENA BUENOS AIRES Lorario della sveglia
comincia col 3, ma leuforia della partenza lo rende
più che accettabile. Voliamo in perfetto orario da
Bologna a Madrid e poi fino a Buenos Aires con Iberia (andata
bologna-madrid-baires, ritorno santiago-madrid-bologna,
voli acquistati su iberia.com a maggio per 908 euro a
testa), dove atterriamo alle 20:50. Stiamo già
assaporando il gusto di uscire per primi quando arriva il
controllo passaporti: uninfernale fila ed una
gestione che definiremmo italiana ci fanno perdere quasi
unora, in attesa di un controllo poco più che
simbolico. Alla fine usciamo e come da accordi
telefoniamo alla posada per farci venire a prendere, ma
la macchina che dovrebbe condurci a letto non si vede.
Trascorriamo più di mezzora a vederla sfrecciare
davanti a noi senza fermarsi e, quando stiamo per cedere
alle costose avances di un tassista, ecco il mezzo che
finalmente ritorna e si ferma. La posada è a cinque
minuti dallaeroporto internazionale (i voli
domestici partono dallAeroparque, dallaltra
parte della città, sulla costa), i gestori sono ospitali
e cordiali, il luogo è davvero molto carino. Peccato
doverci stare solo poche ore. NOTTE: Posada de las
Aguilas, Josè Hernandez 128, Barrio Uno, Aeropuerto
Ezeiza, Buenos Aires 327AR$ doppia con colazione (BB);
tel.+5411.4480.9637, posadadelasaguilas.com.ar
info@posadadelasaguilas.com.ar. lunedì 2 novembre, BUENOS
AIRES PUERTO PIRAMIDES Comincia lavventura. E
quasi rischia di finire subito perchè Sabrina, con la
mente forse ancora intorpidita dal sonno negato, scivola
sulle scalette bagnate e quasi si schianta tra gli
scalini. Per fortuna un attimo prima di toccare la dura
terra un riflesso salva la sua vita e la mia vacanza e le
consente di aggrapparsi al corrimano. Scampato il
pericolo prendiamo un più sicuro taxi (100AR$) e
capiamo subito che andare allAeroparque alle 5 è
lunico modo per impiegarci meno di unora.
Piove, i viali sono già trafficati e lautista ci
spiega che mezzora più tardi sarà impossibile
passare. Il volo Aerolineas è in orario (acquistato a
luglio sul sito aerolineas.com: baires-trelew + trelew-ushuaia
+ ushuaia-calafate 328 a testa. Uffici di Bologna
presso Paseo Travel, piazza Roosevelt 4, tel.05126007,
mail: bologna.gsa@aerolineas.it) e in meno di due ore
siamo a Trelew, dove al banchetto Budget ritiriamo le
chiavi della nostra Chevrolet Corsa, prenotata qualche
giorno prima dal sito budget.com per 130$ con
assicurazioni e 400 km al giorno inclusi. Lo scopo della
sosta alla penisola Valdes è lavvistamento delle
balene che in questo periodo (fino ai primi di dicembre)
popolano la piccola Caleta Valdes, di fronte alla
località di Puerto Piramides. Ci spingiamo quindi subito
verso nord, allinterno della riserva naturale che
comprende tutta la penisola (ingresso 45AR$ a persona
+ 5AR$ per veicolo) e ci godiamo quella che sarà la
nostra unica esperienza di guida in terra patagonica. Il
panorama scorre veloce (ci sarebbe il limite dei 60 km/h,
ma ci superano tutti ai 120, così ci adeguiamo) e il
desolato ma affascinante niente della pampa ci tiene
compagnia per poco più di due ore. La scelta di
noleggiare unauto ci sembra vincente e ci ha
soddisfatto pienamente, perchè non solo si ha il
completo controllo degli orari e dei tempi, ma anche
perchè alla fine tra unescursione e laltra
si vengono a spendere più o meno le stesse cifre. Anzi,
con le escursioni organizzate (in genere da Puerto Madryn)
sarebbe risultato difficile riuscire a vedere tutto
quello che abbiamo visto in quasi un giorno e mezzo. Puerto Piramides è un paesino di poche case e altrettanti ristoranti e agenzie di whale-watching. Apparentemente misero, conserva tuttavia il fascino particolare dei luoghi di frontiera, con le case di lamiera, le strade polverose e i cani randagi. Anche se la sistemazione alla posada è stata un po spartana, ci è piaciuto il clima sereno e la squisista cordialità della gente, tanto che ci sentiamo di consigliare a tutti il pernottamento qui, non fosse altro che per trovarsi già in prima fila per lescursione in barca. Subito la giovane proprietaria ci consiglia di partecipare alla prima uscita disponibile, per evitare il vento del pomeriggio, e addirittura prenota per noi la barca delle 13:30 con lagenzia Bottazzi (150AR$ a testa meno 15AR$ di sconto per la convenzione con Budget rental car, titobottazzi.com). Limbarcazione può contenere fino a 40 persone, ma per fortuna siamo meno della metà e riusciamo a posizionarci dove meglio crediamo durante tutta la gita. In pratica ci si spinge al largo mantenendosi sempre allinterno del piccolo golfo; le guide sconsigliano di uscire con vento forte perchè il mare agitato rende lesperienza sicuramente meno piacevole, visto che spesso ci si trova a motori spenti per non disturbare le balene. Proprio per limprevedibilità meteorologica della zona conviene venire qui subito, senza perdere tempo altrove, per non rischiare di saltare quella che comunque è unescursione imperdibile. Balene se ne vedono tante:
grandi, piccole, solitarie, in gruppo... Sole caldo e
splendente, cetacei in doppia e tripla fila come in
centro il sabato pomeriggio: inutile descrivere
unesperienza unica ed eccitante che ci soddisfa in
pieno e che va assolutamente fatta. Le balene sono
creature curiose, si avvicinano alla barca, ci passano
sotto, strisciano il dorso sulla chiglia facendola
dondolare. Restano in immersione per diversi minuti e
riemergono sbuffando a pochi metri di distanza da noi;
poi tornano nelle profondità regalando, come un saluto,
la spettacolare visione dellimmensa coda. Il tutto
dura poco meno di due ore e ci lascia un po di
tempo per tentare unesplorazione della parte
meridionale della penisola. Avvistiamo nandù e guanachi
mentre ci spingiamo verso Punta Delgada dove,
allombra delle alte scogliere, esiste una colonia
di leoni marini. La strada è sterrata e si procede
lentamente, tanto che quando rientriamo è quasi buio. A
dire la verità ci aspettavamo qualcosa di più da questo
mirador naturalistico, perchè gli animali sono
decisamente lontani. Probabilmente durante il giorno è
possibile scendere alla spiaggia, o almeno è possibile
farlo da altri passaggi più a nord, al di fuori della
riserva vera e propria. E troppo tardi e non
riusciamo a spingerci fino a Punta Norte, ma non avrebbe
molto senso perchè la principale attrattiva, se così si
può chiamare, sono le orche che arrivano fin sulla
spiaggia per catturare i piccoli di leone marino, ma lo
fanno solo a marzo. Rientriamo al paesello e per la
cena scegliamo di restare alla posada, ingolositi dalle
pietanze che avevamo visto servire a pranzo: la scelta si
rivela ottima, tanto che la consigliamo anche a chi
alloggia altrove. PASTI: pranzo
Gracias, P.to Piramides 37AR$ in due; cena
Posada Piramides 112AR$ in due. NOTTE: Posada Piramides,
Av. Las Ballenas s/n, Puerto Piramides 300AR$ (BB);
tel.+5402965.1539.3033, posadapiramides.com, reservas@posadapiramides.com. martedì 3 novembre, PUERTO
PIRAMIDES - USHUAIA Il primo risveglio patagonico è
più tranquillo e finalmentre ci sentiamo riposati.
Lasciamo la penisola soddisfattissimi e ci mettiamo in
marcia verso Punta Tombo,
sede della nota e animatissima colonia di pinguini di
Magellano. La strada scorre velocissima e lunico
rallentamento è a Trelew, dove le indicazioni per
Comodoro Rivadavia non sono sempre chiarissime.
Approfittiamo per fermarci in una panetteria a comprare
qualcosa di goloso per il pranzo. Solo gli ultimi 25 km
sono sterrati, ma il fondo è più che buono e le
indicazioni per la pinguinera non mancano (ingresso 35AR$
a persona). Si arriva e si parcheggia davanti alla
biglietteria, poi un ranger tiene un piccolo discorso
informativo ai gruppetti di visitatori prima di farli
entrare. Il parco in realtà è un tratto di spiaggia
costellato di arbusti che proteggono migliaia di nidi;
servono meno di due ore per percorrere il sentiero
delimitato da pietre bianche che lo attraversa in tutta
la sua estensione. Scattiamo mille foto al primo pinguino
che incontriamo, ma dopo pochi metri siamo letteralmente
travolti da un esercito di ondeggianti peluches che
spuntano da tutte le parti. E lultimo periodo
di cova e presto le uova si schiuderanno, quindi molti
sono nelle tane a prestare le ultime decisive cure ai
nascituri. Cè un incredibile viavai tra chi entra
e chi esce dalle buche scavate al riparo dei rovi,
cè chi caracolla da una parte allaltra del
sentiero e non mancano i rumorosi scambi di opinione tra
maschi e femmine. Lo scenario naturale accentua la
bellezza dello spettacolo e lo sfondo blu del mare
sulloro della sabbia accresce la sensazione di
trovarsi in un documentario. Unescursione che, a
parte il vento a tratti fortissimo, merita senza dubbio
di essere fatta. Ritorniamo sui nostri passi
verso Trelew, anche se siamo un po in anticipo
sullorario del volo per Ushuaia, ma non possiamo
credere ai nostri occhi quando arriviamo
allaeroporto e lo troviamo praticamente chiuso.
Capiamo che la piccola aerostazione si anima solo nei
minuti che precedono e seguono gli arrivi e le
partenze. Il bar è chiuso, le biglietterie sono sbarrate,
i piccoli banchi dei rental car sono deserti, perfino gli
addetti alla sicurezza non si vedono. Nella sala
dattesa, in silenzio e con le luci spente, ci siamo
solo noi e unaltra coppia di turisti. Poi,
mezzora prima del volo, tutto prende vita e tanti
piccoli figuranti riconquistano le loro posizioni. Attraversiamo tutta
lArgentina volando in direzione sud, destinazione
fine del mondo. E l'impatto con Ushuaia è proprio
mozzafiato: arriviamo con le ultime luci del giorno
sorvolando le cime innevate e la cittadina schiacciata
tra il Canale di Beagle e queste vette che verrebbe da
definire arcigne, dure, quasi cattive. Non vediamo l'ora
che sia domani per esplorare questo che ci sembra
veramente un luogo da fine del mondo, quasi uno scenario
da film fantasy. Anche la cabana, a pochi passi dal
centro, ci soddisfa pienamente. Pur essendo molto tardi
il signor Alejandro ci aspetta e ci accoglie col calore
di un vecchio amico. Parlando scopriamo che la sua
famiglia è originaria di Arona, ma lui ha sposato una
greca-francese con la quale ha deciso di venire a vivere
quaggiù; parla correttamente cinque lingue e nel
giardino di casa ha costruito casette di legno
squisitamente arredate in cui ospita i turisti. Per noi
è già mito e maestro di vita! PASTI: colazione
alla posada; pranzo al sacco 15AR$ in due; cena
in volo. NOTTE: Galeazzi &
Basily B&B, cal. Gobernador Valdes 323, Ushuaia
240AR$ (BB); avesdelsur.com.ar, fbasily@speedy.com.ar. mercoledì 4 novembre,
USHUAIA In
dieci minuti a piedi siamo al porto e cominciamo a
valutare le offerte dei numerosi tour operator per
lescursione sul Canale di Beagle. Le possibilità
sono numerose e interessanti, dalla semplice uscita di
tre ore (che avevamo programmato e che scegliamo) ad
escursioni di una giornata intera. Il catamarano di
Ushuaia Explorers (135AR$ a persona) è un
barcone a più livelli con ponte panoramico scoperto. La
giornata è splendida e non possiamo rinunciare ad
occupare una postazione allaperto. Quaggiù però
quando ci si muove tra i ghiacciai e si è un po
meno protetti dalle montagne ci si accorge subito del
vento del sud, così freddo e potente che strappa la
faccia. Viviamo la mini-crociera alternando uscite sul
ponte a rigeneranti minuti allinterno, godendo dei
fantastici panorami della città dominata dalle ultime
Ande e perdendoci a fotografare pinguini, cormorani e
leoni marini su ogni scoglio. La gita è senzaltro
piacevole e va fatta anche se, con più tempo a
disposizione, anche una delle uscite più lunghe può
risultare una buona scelta. Compresa nel prezzo del
biglietto cè una cioccolata calda da Laguna Negra,
nota cioccolateria del centro, che dopo il gelo del
Beagle è proprio quello che ci vuole per riattivare le
funzioni vitali. Naturalmente ci perdiamo tra praline e
tavolette bianche, fondenti, alle nocciole, alle castagne,
al rhum
e alla fine ci scappa pure un toast gigante
con cui completiamo il pranzo. Crociera o no, questa
miniera di golosità merita sicuramente di essere
esplorata. E presto è cè
tutto il tempo per andare al Parque Nacional Tierra del
Fuego (ingresso 50AR$ a persona,
tierradelfuego.org.ar). Torniamo a piedi al porto e
da lì prendiamo un bus della linea Regular
per il parco (50AR$ a testa) che in poco meno di
unora ci porta fino alla Bahia Lapataia, suggestivo
punto di partenza del sentiero che abbiamo intenzione di
fare. Il sentiero in realtà non è il massimo, perché
di fatto coincide quasi sempre con la strada carrabile
che attraversa il parco, ma alcuni degli scorci e dei
panorami che ci si presentano sono veramente notevoli. In
poco più di due ore percorriamo i 6 km che ci separano
dal camping Lago Roca, dove lultimo bus per Ushuaia
parte alle 18. Arriviamo in centro col tempo e la fame
giusta per affrontare una superba cena a base di centolla,
il granchio gigante tipico di queste latitudini. PASTI: colazione
in camera; pranzo Laguna Negra, San Martin 513,
Ushuaia 33AR$ in due; cena Cantina Fuegina,
San Martin 326, Ushuaia 198AR$ in due. NOTTE: Galeazzi &
Basily B&B, cal. Gobernador Valdes 323, Ushuaia
240AR$ (BB); avesdelsur.com.ar, fbasily@speedy.com.ar. giovedì 5 novembre, USHUAIA
EL CALAFATE Visto che ieri abbiamo fatto
tutto quello che dovevamo fare, ci svegliamo
ad un orario più umano e
nevica! Il panorama resta
spettacolare e anzi, la neve aggiunge fascino alla città
più a sud del mondo. Il Museo Maritimo (ingresso 50AR$
a persona, museomaritimo.com) ci sembra la
destinazione più giusta e infatti ne restiamo
affascinati. Non solo sono ospitati e descritti i modelli
delle navi dei grandi esploratori, ma il museo comprende
anche le vecchie carceri. Ushuaia infatti nasce come
colonia penale e sono ancora visibili le celle così come
testimoniano le numerose foto alle pareti. Immagini
storiche degli indigeni (trovati nudi nella neve dai
primi esploratori), cronache ed equipaggiamento dei
pionieri, attrezzature navali e molto altro, ci fanno
apprezzare una tappa secondaria, ma senza dubbio
interessantissima. Alluscita, non sazi di
cose, buttiamo i soliti 50AR$ per farci
portare da un taxi alla stazione Fin del Mundo, tanto per
dare unocchiata e scattare la foto di rito.
Torniamo giusto in tempo per recuperare i bagagli e
salutare il signor Alejandro; un altro taxi ci porta
allaeroporto (20AR$), dove aspettiamo
laereo per El Calafate in ritardo di unora (tassa
aeroportuale 25AR$ a persona
che alla fine fanno
sempre 50). Chiamiamo lhostal per
avvisare del ritardo e soprattutto per verificare se
hanno ricevuto i nostri vouchers di Patagonia Backpackers
per le escursioni dei prossimi giorni. E qui ci sembra
utile aprire una piccola parentesi su tutto quanto ruota
attorno allorganizzazione turistica del Parque
Nacional Los Glaciares. Le attività classiche, o almeno
quelli che vengono definiti i must del soggiorno a El
Calafate, sono la visita del Perito Moreno e la
navigazione sul Lago Argentino a caccia di ghiacciai e
iceberg. Sono molti gli operatori che propongono infinite
varianti sul tema, tanto che in fase di organizzazione si
corre il rischio di sentirsi un po confusi. In
realtà va detto che i prezzi delle principali escursioni
sono più o meno tutti uguali e decisamente non vale la
pena perdere troppo tempo tra unagenzia e
laltra per trovare loccasione giusta. In
particolare ci sembra di aver notato una specie di patto
di non belligeranza tra grandi e piccoli tour operator,
che si manifesta al momento della raccolta
dei turisti. Infatti siamo stati prelevati da minibus di
compagnie che non conoscevamo, i quali poi ci hanno
portato al bus della nostra compagnia. Lo stesso abbiamo
notato per altri gruppi: in pratica il piccolo operatore
collabora col grande e ne facilita la gestione delle
escursioni. Alla fine allimbarcadero o al punto di
raccolta si va sempre via con uno degli operatori più
importanti, quindi tanto vale rivolgersi direttamente a
uno di questi evitando inutili e a volte dispendiosi
passaggi di testimone. Senza voler far torto a nessuno,
ci sembra che i tre più potenti siano Chalten Travel (chaltentravel.com,
contacto@chaltentravel.com), Hielo y Aventura (hieloyaventura.com,
info@hieloyaventura.com) e Patagonia Backpackers (presso
Hostal Los Glaciares, av. Libertador 587, El Calafate;
tel. +5402902.491792, patagonia-backpackers.com, info@glaciar.com).
Proprio questultimo, dopo lunga e attenta ricerca,
è stato la nostra scelta, anche se onestamente la
differenza rispetto agli altri era minima. La decisione
si è comunque rivelata azzeccata sia in fase di
preparazione, per la gentilezza e la disponibilità
delloperatrice Luciana, che sul posto, per la
precisione e la puntualità dei servizi offerti. In più
abbiamo scoperto che, oltre ad essere gestori
dellHostal Los Glaciares, sono anche tra i
principali organizzatori dei trekking e delle esperienze
più avventurose; anche per questo ci sentiamo di
raccomandarli. Comunque al telefono
lalbergatrice ci conferma che i vouchers sono lì
dal giorno prima e che qualcuno dellhostal ci
verrà a prendere allaeroporto. Siamo un po
sorpresi perchè il transfer non era previsto, ma meglio
così. In realtà allarrivo non vediamo nessuno e
già, dopo Buenos Aires, ci prende la sindrome da
abbandono, così concediamo il nostro favore al primo
tassista che ci avvicina, tal Mauricio, che si propone
per portarci in centro (80AR$). In hostal poi
scopriamo che erano venuti a prenderci, ma
lulteriore ritardo del volo aveva scoraggiato
lautista che si era allontanato per un po.
Roba da matti. PASTI: colazione
in hotel; pranzo Cafè Fastfood su Av. San Martin,
Ushuaia 38AR$ in due ; cena Cafè
Libertador, Av. Libertador 997, El Calafate 79AR$
in due. NOTTE: Hosteria Austral,
San Juan Bosco 917, El Calafate 228AR$ (BBT); tel.+54.02902.491527,
hosteriaaustral.com.ar, info@ hosteriaaustral.com.ar. venerdì 6 novembre, EL
CALAFATE E il gran giorno del
Perito Moreno (ingresso al parco 60AR$ a testa,
losglaciares.com). Ci passano a prendere prestissimo
perchè il piccolo molo da cui partono
le barche per il famoso ghiacciaio dista quasi 80 km da
El Calafate (minitrek Perito Moreno 125$ a testa, con
Patagonia Backpackers). Costeggiamo il Lago Argentino
e poi ci spingiamo verso sud-ovest, sempre più vicini
alle vette innevate finchè, allimprovviso, lo
vediamo apparire laggiù, bianco a perdita docchio.
Da lontano sembra quasi piccolino, ma quando il barcone
comincia ad avvicinarsi lungo il Brazo Rico capiamo che
ci troviamo di fronte ad una creatura immensa: centinaia
di metri di ghiaccio, disposti come una barriera alta 60
metri sullacqua. Uno dei motivi della fama del
ghiacciaio è il suo continuo avanzamento; in realtà il
Moreno non è altro che la punta di un complesso sistema
glaciale che dalle Ande scende verso est e scivola nelle
acque gelide del lago. Lago che a sua volta è il frutto
dello scioglimento e del conseguente arretramento degli
stessi ghiacciai che poi va a erodere. Le famose fratture
del fronte del ghiacciaio quindi altro non sono che
leffetto combinato della spinta dei ghiacci da
dietro e dellerosione dellacqua da davanti. Attracchiamo di fronte al lato
meridionale e subito ci prepariamo per il minitrek. Ci
legano i ramponi, ci spiegano cosa faremo e via, posiamo
già i nostri piedi chiodati sul ghiaccio più famoso del
mondo. Si sale e si scende, si attraversano stretti e
ripidi passaggi tra le guglie gelate, si superano
voragini piene dacqua blu. Il bianco purissimo e
lazzurro
intenso accendono le crepe di questo gelido titano e noi
siamo formichine colorate che piano piano ne attraversano
il fianco. Sembrerà strano, ma non è per niente freddo;
sicuramente il sole e il movimento aiutano, ma non ci
sentiamo mai rabbrividire. La passeggiata dura meno di
due ore e si conclude con il brindisi a base di whisky e
ghiaccio...estratto direttamente sul posto. In
conclusione possiamo dire che la gita è senzaltro
turistica, però è unesperienza unica, emozionante
e affatto difficile, che vale la pena provare. Ci
sentiamo di sconsigliare il cosiddetto big-ice
perchè, a detta delle stesse guide, è un percorso del
tutto simile, per scenari e difficoltà, a quello breve,
solo che dura sei ore. Il nostro trek sarà stato mini,
ma è risultato perfetto anche perchè ci ha lasciato il
tempo per goderci lo spettacolo del ghiacciaio dalle
passerelle che si affacciano sul fronte nord-est.
Trascorriamo unoretta tra una terrazza e
laltra, scattando foto come giapponesi e godendoci
il Perito Moreno da tutte le angolazioni possibili. Ogni
tanto un boato squarcia il silenzio e avvisa della caduta
di qualche enorme ghiacciolo nellacqua del canale.
Secondo noi anche la visita alle passerelle è un must
per farsi unidea più ricca e completa di questo
incredibile spettacolo. PASTI: colazione
in hotel; pranzo lunch-box 45AR$ in due; cena
Casablanca, Av. Libertador, El Calafate 112AR$
in due. NOTTE: Hosteria Austral,
San Juan Bosco 917, El Calafate 228AR$ (BBT); tel.+54.02902.491527,
hosteriaaustral.com.ar, info@ hosteriaaustral.com.ar. sabato 7 novembre, EL
CALAFATE Oggi completiamo la visita al
Lago Argentino, che copre tutta la parte meridionale del
Parque Nacional Los Glaciares (ingresso al parco, da
pagare ancora, 60AR$ a testa, losglaciares.com).
E prestissimo quando saliamo sul bus per il
porticciolo di Punta Bandera e, dopo quasi 50 km di
strada e spiegazioni della guida, siamo pronti per
iniziare la crociera sul lago (crociera Todo Glaciares
95$ a testa, con Patagonia Backpackers). Il programma
prevede la navigazione dellimmensa distesa
dacqua dolce fino ai ghiacciai Uppsala, Onelli e
Spegazzini, ma ci informano subito che a causa
dellassenza di vento difficilmente riusciremo a
vedere i primi due. Il motivo è semplice: i
numerosissimi blocchi che si staccano dai ghiacciai, in
particolare lUppsala, vengono di solito spinti dal
forte vento da una parte del canale che li fronteggia,
rendendo facilmente navigabile la restante parte; quando
non cè vento gli iceberg (o tempanos, come li
chiamano qui) sono liberi di galleggiare su tutta la
superficie, ammassandosi e urtandosi e unendosi, fino a
bloccare completamente le strette bocche dei canali di
accesso. Ci dicono che chi lo desidera può rinunciare
allescursione ottenendo il completo rimborso del
biglietto, ma nessuno scende dalla barca. La navigazione
è piacevole, anche se allesterno è decisamente
freddo, e trascorriamo gran parte del tempo ad inseguire
gli enormi blocchi galleggianti per immortalarne le forme
disegnate dallacqua e dal vento. Prima uno, poi due,
poi cinque dieci venti...sono tantissimi e non sappiamo
più da che parte guardare. A un certo punto però ci
troviamo quasi fermi e sporgendoci
di lato capiamo subito perchè: siamo di fronte ad un
vero e proprio sbarramento di ghiaccio. I tempanos,
liberi dal ghiacciaio, si sono ammassati
allingresso del canale, urtandosi e riunendosi fino
a formare ununica piattaforma: laccesso
allUppsala è impossibile. Ci godiamo quello che
comunque è uno spettacolo incredibile (non raro a quanto
pare) e apprendiamo che proprio lUppsala è il
ghiacciaio col massimo grado di ritiro tra tutti quelli
della zona: dalle rilevazioni appare infatti chiaro che
negli ultimi 20 anni si è ritirato di circa 7 km, quasi
300 metri allanno. Da non crederci. Questo
significa che i visitatori del prossimo anno vedranno,
vento permettendo, un fronte completamente diverso da
quello di oggi, non solo per forma, ma anche per
posizione. Un po delusi, ma comunque
soddisfatti, ci prepariamo allincontro con lo
Spegazzini, forse un po sottovalutato a causa
dellimpari confronto coi più famosi colleghi. Il
fronte, decisamente meno ampio di quello del Moreno,
supera i 100 metri di altezza sullacqua e il corpo
principale scende sinuoso dalla montagna in una
formidabile alternanza di picchi bianchi e squarci blu.
La distesa purissima risplende al sole e sembra un fiume
in piena che scende impetuoso per riversarsi nel lago che
lui stesso alimenta. Non ci aspettavamo un ghiacciaio
così maestoso, così emozionante, e per questo forse ne
restiamo ancora più impressionati, ma nel complesso è
proprio questa una delle immagini che resterà più viva
nella nostra memoria. Per riempire il vuoto lasciato dalla mancata visita iniziale ci portano, dopo lunga e non troppo eccitante navigazione, ai piedi del fronte nord del Perito Moreno, il lato che di solito si osserva solo dalle passerelle panoramiche. Inutile dire che anche dallacqua fa una certa impressione e il confronto con le barchine che timidamente si avvicinano lo rende ancora più maestoso. Passiamo una volta, poi unaltra e unaltra ancora, e poi ci giriamo e ci ripassiamo vicino, poi capiamo che il motivo di questa lunga, troppo lunga sosta, è legato allorario di rientro indicato sulle prenotazioni: stiamo perdendo tempo per poter rientrare al porto come da programma, senza che nessuno si possa lamentare per unora di escursione non goduta. Sinceramente questa soluzione non ci convince; pazienza se la gita è venuta un po più breve (il vento non si può comandare), meglio però rientrare un po prima piuttosto che oziare sotto il pur bello spettacolo del ghiacciaio. Un piccolo consiglio sui posti a
sedere in barca: ce ne sono tantissimi, uno per ciascuno,
ma non sono numerati, e in partenza viene chiesto a tutti
di occupare il proprio e di mantenerlo durante tutta la
navigazione. Quando però ci si comincia a muovere e ci
si alza conviene lasciare qualche oggetto o indumento
come segnaposto, perchè non è improbabile tornare e
trovare la propria postazione occupata. Niente di grave,
sia chiaro, però un posto dove riposare qualche minuto o
mangiare con calma può sempre tornare utile. Rientriamo
quindi a El Calafate in perfetto orario e, dopo una breve
passeggiatina sul viale principale, ci resta il tempo per
onorare la prenotazione al celebre ristorante La Tablita.
Raccomandiamo la prenotazione, fatta almeno il giorno
prima, per non correre il serio pericolo di restare fuori
ad aspettare fino a notte fonda. La cena è un trionfo di
carni e sapori argentini, la migliore del viaggio, per
qualità, quantità e prezzo. Una tappa obbligata quasi
come i ghiacciai. PASTI: colazione
in hotel; pranzo al sacco 20AR$ in due ; cena
La Tablita, Coronel Rosales 28, El Calafate; tel. +542902.491065
182AR$ in due. NOTTE: Hosteria Austral,
San Juan Bosco 917, El Calafate 228AR$ (BBT); tel.+54.02902.491527,
hosteriaaustral.com.ar, info@ hosteriaaustral.com.ar. domenica 8 novembre, EL
CALAFATE EL CHALTEN Lasciamo El Calafate e il Lago
Argentino allalba, diretti a El Chalten (trasferimento
20$ a testa, con Patagonia Backpackers),
allestremo nord del parco, col minibus che si fa
attendere un po troppo, risvegliando in noi la
vecchia e mai sopita sindrome. Servono quasi tre ore per
coprire gli oltre 200 km che ci separano dalla capitale
nazionale del trekking, compresa una simpatica sosta
allEstancia La Leona, così chiamata in ricordo
della disavventura occorsa allonnipresente perito
Francisco Moreno, attaccato qui senza conseguenze da un
puma, una leona appunto. El Chalten è un posticino
letteralmente sperduto tra le montagne, un paesotto senza
niente che probabilmente fra dieci anni sarà
superturistico, ma oggi in confronto El Calafate ci
sembra Las Vegas. Però ci piace, perchè davvero qui ci
si sente in pace fuori da tutto. Riceviamo il benvenuto e
le informazioni principali sul parco allufficio dei
rangers e, dopo una breve chiacchierata con una delle due
giovanissime proprietarie del nostro hostal, siamo già
sul sentiero. Ho pensato di testare lo stato di forma
della truppa con una prima sgambatina alla Laguna Torre:
22 km, tra andata e ritorno, di saliscendi senza
particolari difficoltà. Il tempo non è splendido, ma il
trail è facile e la passeggiata
piacevole. Ci fermiamo anche ad osservare un picchio
gigante che demolisce letteralmente un albero secolare
per farsi il nido. Lo scenario è sempre bello, con le
cime innevate che ci circondano e, in lontananza,
sembrano aspettarci. Solo gli ultimi chilometri, non più
al riparo degli alberi nel bosco, ci fanno sentire la
forza del vento che arriva dal ghiacciaio portando in
volo piccoli aghi gelati. Come il ranger ci aveva
anticipato troviamo molte nubi a coprire il panorama in
direzione del Cerro Torre, ma non basta certo questo a
fermarci. Arriviamo alla laguna in meno di tre ore e,
nonostante manchi il protagonista principale, lo scenario
è veramente spettacolare: la laguna è bella, verde, con
i piccoli iceberg e il ghiacciaio che ci scivola dentro.
Ci godiamo la vista, rientriamo con un buon passo, ma
allimprovviso il morale dell'equipaggio precipita.
Sarà un po di stanchezza, sarà che ci siamo
svegliati allalba, fatto sta ci tocca subire l'imperdonabile
onta di un sorpasso da parte dei trekkers che ci seguono.
Addirittura una cinese senza pretese, tutta vestita di
giallo, ci insidia e ci incalza senza che riusciamo a
distanziarla. Concludiamo il trail con onore, in circa
cinque ore e mezza, tanto che mi sento in dovere di
risollevare il morale con una sontuosa cena (consigliatissimo
lAhoniken, per qualità, quantità, gentilezza e
prezzo), arricchita da false promesse e rassicurazioni
sui progetti di domani. Non ho mentito, sia chiaro, ho
solo evitato di dire che oltre la laguna Capri e il
mirador del Fitz Roy voglio raggiungere la Laguna de los
tres; ho anche evitato di dire che sono circa 25 km un
tantino più difficili dei 22 di oggi, e ho anche evitato
di dire che l'ultimo chilometro ha pendenze che dalla
mappa sembrano infernali. PASTI: colazione
in hotel; pranzo al sacco 18AR$ in due; cena
Ahoniken, Av. de Guemes 23, El Chalten 93AR$ in
due. NOTTE: In.Land.Sis.
Posada patagonica, Av. Lago del Desierto 480, El Chalten
140AR$ (BBT); tel. +54.2962.493276, inlandsis.com.ar,
info@inlandsis.com.ar. lunedì 9 novembre, EL
CHALTEN Giornata gloriosa! I 25 km sono
in realtà un'amena passeggiatina tra i boschi, con l'ultimo
tratto veramente impegnativo, soprattutto in discesa. La
difficoltà è accentuata dalla neve e dal ghiaccio che
ricoprono gran parte dell'ultimo chilometro. Ma andiamo
con ordine. La mattina è fresca e il sole splende su un
blu senza nubi quando passiamo sotto il cartello che
segna linizio del sendero al Fitz Roy.
La montagna più famosa del parco porta il nome del
capitano del Beagle, la mitica imbarcazione di Darwin,
nome attribuito da...il signor perito Moreno naturalmente!
Ci rendiamo conto che questo colto girovago (perito
appunto) si è spinto ad esplorare tutti gli angoli del
suo sconfinato paese ed ovunque ha lasciato un segno più
o meno evidente del proprio passaggio. Noi invece, come
da manuale del bravo trekker, non lasciamo traccia del
nostro incedere attraverso i bellissimi boschi patagonici
e ci limitiamo a scattare come se ogni foto fosse
lultima a nostra disposizione. Superiamo ruscelli e
passerelle di legno, strettoie tra i rovi e distese
battute dal vento finchè, in poco più di unora e
senza sforzo, siamo al mirador del Fitz Roy. Ce lo
godiamo sgombro dalle nubi, bellissimo e maestoso, ma non
ci sazia; sappiamo di poter ambire a qualcosa di molto
più grande. Procediamo veloci, lo guardiamo riflesso
sulle acque della Laguna Capri e ancora non ci basta,
continuiamo fino al Campamento Poincenot,
nientaltro che una manciata di gelide piazzole per
piantare la tenda, con vicino un bagno chimico che
definire mortale è poco. Molto meglio condividere i
propri bisogni direttamente con la natura. Anche il
Poincenot, generalmente visto come tappa utile ad una
sosta pranzo, non merita tanta attenzione; consigliamo
vivamente di proseguire oltre il fiume per altri 15-20
minuti, in modo da raggiungere una capannina riparata dal
vento, con un prezioso e comodo tavolone dove sostare e
mangiare qualcosa
con calma. Stiamo bene, il cammino è
facile ed avanziamo entusiasti finchè...arriviamo ai
piedi dellorrida salita petrosa. Il cartello
segnala 500 metri e unora alla vetta, ma mente in
maniera spudorata. Ci inerpichiamo inizialmente senza
grossa difficoltà, tanto che a un certo punto mi sento
dire "dai...non è poi così difficile, abbiamo
fatto di peggio". Poi è arrivata la neve. E lì,
nel punto più insidioso e crudele, ho rischiato l'ammutinamento.
Da buon capitano tratto una resa onorevole e conduco la
ciurma in vetta. Ci fermiamo a pochi passi dalla vera e
propria fine, ma andare oltre sarebbe suicidio: c'è
troppa neve e la passeggiata rischia di diventare
pericolosa. Tuttavia siamo praticamente sotto il Fitz Roy
e dispiace che nessuna foto riesca a rendere l'idea
dellincredibile maestosità dello scenario. Davvero
da commuoversi. Di solito non ci piacciono i
toni epici, ma questa è stata una piccola impresa.
Addirittura nel punto più micidiale della discesa (...non
della salita) ho sentito le parole "vai te che io mi
fermo qui". Devo ammettere che, dopo i pungoli e gli
incitamenti e gli insulti, per un momento ho pensato di
abbandonare la ciurma tra i ghiacci perenni, ma poi vedo
la cinese gialla che arriva, ci guarda e quasi ci sfida,
e allora con insensibile cipiglio ricomincio a scendere.
E poi, come avrei potuto abbandonare lì la videocamera
con tutti i filmati della gloriosa ascesa?! Alla fine
comunque, dopo quasi 10 ore di cammino (comprese soste
fotografiche, pranzo e trattative) arriviamo all'hostal,
un po' stanchini, ma felicissimi. E stato un trail
magnifico, piacevole, nel complesso non difficile, a
parte ovviamente il finale, e la vista lassù non è
umanamente descrivibile. E il bello è che non è per
niente freddo, a meno che non ci sia vento forte: con un
semplice pile e una buona giacca antivento si sta
benissimo, anzi...è caldo. PASTI: colazione
in hotel; pranzo lunch-box 35AR$ in due; cena
Ahoniken, Av. de Guemes 23, El Chalten 77AR$ in
due. NOTTE: In.Land.Sis.
Posada patagonica, Av. Lago del Desierto 480, El Chalten
140AR$ (BBT); tel. +54.2962.493276, inlandsis.com.ar,
info@inlandsis.com.ar. martedì 10 novembre, EL
CHALTEN EL CALAFATE Non possiamo che prendercela,
meritatamente, un po' più comoda, in una giornata da
trascorrere in attesa del bus che in serata ci riporterà
a El Calafate (trasferimento 20$ a testa, con
Patagonia Backpackers). Ci sarebbe un sentierino di
una ventina di km, ma evito di parlarne se no stavolta ci
lascio le penne. Così andiamo al volgarissimo Mirador
del condor e di seguito a quello de las aguilas, a soli 2
km dallhostal. Due sentierini quasi offensivi per
noi che li percorriamo ancora ammantati della gloria di
ieri! Condor ne vediamo 3-4 da lontano, di aquile
ovviamente neanche l'ombra. Consumiamo le ultime scorte
seduti al bordo di una lagunetta lungo il percorso e
torniamo con calma, pronti per il rientro. Domattina alle
5:30 ci trasferiamo in Cile, al Paine. E mentre sul
minibus cantiamo la fine dell'avventura argentina,
proprio lì, all'improvviso, la fortuna ci volta le
spalle. Dopo aver prelevato noi, addirittura in anticipo,
senza indugio raccoglie altri 6-7 tedesconi e via a tutta
velocità verso El Calafate, tanto che dico "se
continuiamo così in due ore siamo arr..."
phiiiiiiiii. Un fischio che lautista non sa
decifrare; tocca tutti i pulsanti, ma non riesce a capire
da dove arrivi quel segnale continuo. Si ferma...e tutti
ridiamo un po'. Riaccende, rispegne, riaccende ancora, ma
niente, cè sempre quel fischio. Tocca tutto,
pronuncia parole irripetibili e poi, fermi in mezzo al
niente, ci chiede la preziosa acqua per dissetare il
radiatore, ma non funziona. Poi passa un tipo in macchina,
lo ferma, torna da noi e ci dice rapido che tornerà
indietro per contattare l'agenzia e sentire cosa fare.
Sale in macchina col passante e ci lascia lì, nel nulla
patagonico alle otto di sera. Ridiamo tutti, ma dopo un'ora
abbiamo smesso anche perchè è quasi buio. Nel pullmino
non parliamo e io sto già pensando al bus delle 5 della
mattina dopo. Dopo quasi un'altra ora, quando ormai ho
selezionato la tedescona più appetitosa per uno spuntino,
dal buio nulla si vedono due fari...ed è lui con un
altro pullmino che ci porta la salvezza. Adesso ridiamo
tutti di nuovo, ma un po' mi dispiace per la tedescona.
Poi ci chiedono se vogliamo essere riportati indietro e
El Chalten o avanti verso El Calafate: Avanti!
dico io...ma siamo matti?!...abbiamo il bus alle 5! Per
fortuna anche i tedeschi hanno necessità e voglia di
andare, così proseguiamo. Ci fermiamo alla Leona e
cambiamo ancora bus; alla fine arriviamo all'hostal ben
dopo mezzanotte, sani e salvi, con quasi quattro ore per
riposare. Però almeno ci siamo. PASTI: colazione
in hotel; pranzo al sacco 27AR$ in due; cena
al sacco 14AR$ in due. NOTTE: Hosteria Austral,
San Juan Bosco 917, El Calafate 228AR$ (BBT); tel.+54.02902.491527,
hosteriaaustral.com.ar, info@ hosteriaaustral.com.ar. mercoledì 11 novembre, EL
CALAFATE TORRES DEL PAINE E allalba arriva il bus
Chalten Travel per il Parque Nacional Torres del Paine (acquistato
con Patagonia Backpackers, 86$ a testa).Scopriamo
subito che il tranfer per il Paine è in realtà un'allegra
escursione giornaliera (ecco perchè è così caro), con
tanto di guida, per geni che pensano di fare in mezza
giornata due foto a un parco grande come mezza Italia. E
puntualmente il fato punisce tanta stoltezza: arriviamo
con il vento che soffia a 80 all'ora e la pioggia che ci
martella, le raffiche ci strappano i vestiti... e lì
penso che la fortuna ci ha proprio abbandonato. Sono le
13 quando arriviamo a Laguna Amarga, ingresso, punto
chiave e snodo principale dei trasporti del parco (ingresso
15000CLP a persona, da pagare solo in contanti e in
moneta locale). Poco prima dellingresso
cè una cafeteria molto fornita che serve anche da
banco di cambio, per cambiare dollari o euro in pesos
cileni; quindi non è così importante avere già la
moneta cilena prima di arrivare. Noi per sicurezza
comunque avevamo già cambiato qualcosa a El Calafate.
Dopo quasi cinque ore di viaggio, con doppio lento
passaggio di frontiera (controllano sia in uscita
dallArgentina che in entrata in Cile), decidiamo
che non è il caso di fare escursioni a piedi e
proseguiamo coi turisti sul pullmino a vedere
il Paine dalla strada con la pioggia. Il bello è che ci
piace anche così, ma pensiamo a cosa potrebbe essere col
sole e con la propria macchina. Gli scorci e i panorami
sono mozzafiato e lo spettacolo delle vette innevate che
sovrastano i laghi glaciali è veramente notevole, pur se
offuscato dalle nubi. Ci fanno fare anche una
passeggiatina sotto la pioggia fino al Salto Grande,
sulle rive del Lago Pehoè, vediamo lHostaria
Pehoè dallalto (bellissimo il colpo docchio)
ed apprezziamo le spiegazioni del simpatico ragazzo che
ci guida, più simile a un Cristo con 30 chili di troppo
che ad un gaucho della pampa. Ci riportano indietro ed
arriviamo al rifugio sotto la tempesta più tempestosa
che si possa immaginare. "E finita, ci
perdiamo il Paine." penso, mentre mi giro e
mi rigiro nel mio conscio letto. PASTI: colazione
in hotel; pranzo al sacco compreso nel transfer; cena
al rifugio compresa nella quota. NOTTE: Refugio Torre
Central, P.N. Torres del Paine 80$ a persona (full
board: letto, 3 pasti, coperte); fantasticosur.com,
ventas@fantasticosur.com. giovedì 12 novembre, TORRES
DEL PAINE Ci svegliamo comunque presto, ma
il tempo è come lavevamo lasciato la sera. Non lo
dico, ma comincio a pensare all'Isola di Pasqua per
tirarmi su il morale (me sventurato...ma lo capirò molto
dopo). Andiamo a fare colazione e completiamo
lesplorazione del refugio. Le camere, con sei letti
disposti a castello e pareti in cartongesso che non
arrivano al soffitto, sono ricavate da un unico
grandissimo ambiente dotato di stufe a legna nel
corridoio. Ci sono due salette con sedie e divanetti per
chiacchierare e la sala dove vengono serviti i pasti; nel
complesso è molto più simile ad un albergo che ad un
rifugio vero e proprio. Semplice e pulitissimo, con acqua
calda tutto il giorno, è una buona soluzione per evitare
di farsi rapinare dagli hostales e in fondo anche la
condivisione degli spazi è decisamente tollerabile.
Possiamo dire che i dubbi, o pregiudizi, che avevamo in
fase di prenotazione, si sono rapidamente dissolti.
Tuttavia rimane in noi lo stupore per una gestione tanto
approssimativa di un simile patrimonio. Non solo manca un
vero e proprio servizio navetta interno, ma anche la
ricettività non pare adeguata alla domanda. O meglio, le
strutture ci sono, ma offire una doppia a 300 dollari è
come impedire agli ospiti di prenotare. Di fatto quindi
il viaggiatore è costretto
a scegliere le sistemazioni in rifugi con dormitori,
pulitissimi e ben gestiti, ma per definizione privi dei
comfort dellhostal. E vero che per completare
i classici percorsi W e Circuito
è indispensabile alloggiare al rifugio, ma si tratta pur
sempre di sistemazioni in zone raggiungibili solo a piedi;
quello che manca è proprio lalloggio
normale nelle aree chiave del parco, come
Laguna Amarga, Pudeto, Lago Pehoè, Lago Grey e Rio
Serrano. Sia chiaro, non è il problema di adattarsi ad
una sistemazione spartana, ma il costo di questa non è
adeguato al servizio (spartano appunto) offerto,
risultando superiore a quello che ci si aspetterebbe da
un hotel. Lo stesso hotel poi, pur trovandosi a pochi
metri dal refugio, pratica tariffe assurde, che per
principio ci imponiamo di rifiutare. E questo è ciò che
dovrebbero fare tutti i visitatori, costringendo questi
furbetti ad adeguarsi al mercato dei viaggiatori. Se poi
a questo si aggiunge il costo di tutti gli altri
inadeguati servizi come bus, navette, pasti, barche, ecco
che il quadro si completa in negativo. Basti pensare che
al nostro economico rifugio ci fanno pagare a parte, non
solo le coperte, ma anche gli asciugamani (1000CLP
luno); e non solo ce li fanno pagare, ma la
mattina presto ce li portano via, costringendoci a
ripagarli per averli la sera, quando li avevamo usati
appena una volta. Alla faccia della tanto sbandierata
tutela ambientale. Capiamo e in parte condividiamo il
desiderio di lucrare sul turismo, ma questo ci sembra
eccessivo e, quel che è peggio, dannoso per il parco e
per limmagine che lo stesso trasmette. E intanto continua a piovere...
e sembra non voler smettere mai. Però, ricordando i
diari di viaggio letti prima di partire, mi convinco che
qui il tempo cambia in fretta e non può durare così.
Sabrina mi appoggia; così decidiamo di uscire per fare
lescursione, ma mentre attraversiamo il ponticello
che conduce verso il sentiero siamo coperti come due
pescatori di aringhe del Mare del Nord. Poi, senza
preavviso... il miracolo! Vedo lontano una strisciolina
azzurra e... si apre! Dopo mezzora siamo nel bosco
in maglietta sotto un sole splendente e il cielo più
limpido che si possa immaginare. E adesso sì che il
Paine, o almeno quel pezzetto che vediamo, ci riempie gli
occhi di meraviglia. Dopo aver valutato tutte le
possibili soluzioni abbiamo scelto il trail per il
Mirador de Las Torres, unico must raggiungibile in
giornata dal nostro rifugio. Questo perchè il parco è
così vasto ed i servizi così intermittenti che non è
tecnicamente possibile da Laguna Amarga fare in un giorno
la Valle del Francès, altro sensazionale punto che
merita di essere inserito nella visita. Infatti per
raggiungere il Campamento Italiano e poi quello Britanico,
allinizio e alla fine della Valle del Francès,
occorre prendere prima la barca da Guarderia Pudeto e poi
percorrere il sentiero di quasi 8 km che separa il
Campamento Italiano dalla Guarderia Lago Pehoè. Solo che
se non si dorme in zona è impossibile arrivare in tempo
alla barca delle 9 (il primo minibus lascia il refugio
alle 8), così non resta che quella delle 12. Il problema
è che lultimo rientro è alle 18, quindi non
cè il tempo materiale per fare le 6-7-8 ore di
cammino fino a un degno mirador. Ecco perchè l'unica
soluzione possibile, nel nostro caso, è fare il sentiero
per il mirador delle torri, passando per Campamento
Chileno e Campamento Torres. Il sentiero è decisamente
semplice, scorre ameno tra i boschi seguendo il fianco
del Monte Almirante Nieto, venendo così a trovarcisi
dietro, in posizione riparata dal vento e baciata dal
sole: un vero spettacolo. In due ore siamo al Campamento
Italiano, un'altra ora e mezza e arriviamo alla Base
Torres, dove purtroppo Sabrina si ferma per un non meglio
definito dolorino al ginocchio sinistro. Le chiedo di
preciso cosa sente, ma chiedere a lei di descrivere dei
sintomi è come chiedere la dimostrazione dei teoremi di
Euclide ad un neonato. Rinuncio quindi a capire il suo
malessere (sospetto uninfiammazione tendinea,
ricordo della tormentata discesa dal Fitz Roy) e quando
mi dice "vai, che io sto un po' qui e poi torno
piano piano...tanto mi raggiungi"... non me lo
faccio ripetere e procedo. Sono sempre carico come un mulo,
perchè va detto che la signora le ascese le fa solo col
marsupietto degli occhiali, però sono libero...
finalmente libero come un palloncino sfuggito alla mano.
Salgo quasi di corsa, da una roccia all'altra, supero i
ruscelletti come un capriolo selvaggio e finalmente non
mi volto indietro: la cinese gialla non cè più e
nessuno può raggiungermi. Supero una sudamericana che
neanche mi vede, altri due argentini e infine, nel tratto
più micidiale... il capolavoro: supero un gruppo crucco
con guida andina che si fa da parte e mi lascia passare!
La salita in effetti è ardua, il sentiero sassoso è un
po scorbutico, ma la voglia è tale che in 35
minuti sono in vetta. E lì, senza vento, senza nuvole e
col sole glorioso, mi godo le Torri del Paine con altri
tre fortunati trekkers. Uno spettacolo grandioso. Le tre
cime svettano giganti davanti a noi e la sottostante
laguna verde si allunga fin quasi sotto i nostri piedi.
Alle spalle e tutto attorno, a completare un quadro da
cartolina, è un ininterrotto susseguirsi di creste
innevate, altissime e tanto vicine da mettere quasi
soggezione. Rimango lì quel tanto che basta
per riempire una scheda di foto e poi torno giù a
ritrovare la mia amata che nel frattempo è partita
rapida, pensando che per riprenderla sarei sceso come una
falciatrice. In effetti vengo giù saltando da un masso
all'altro come uno stambecco; in pochi minuti sono alla
base e mi precipito nel bosco tra una discesa e una
salita che mi sembra di essere Daniel Day Lewis all'inseguimento
degli uroni ne L'ultimo dei mohicani. Macino metri
di corsa e al Campamento Chileno la raggiungo proprio
mentre sta per superare il fiume. Rientriamo lentamente,
un po per la stanchezza e un po per
linfortunio che a questo punto sembra diventato
proprio fastidioso, soprattutto in discesa. Per fortuna,
o purtroppo, i giorni del trekking sono finiti e avremo
tempo di far riposare a dovere il ginocchio dolorante.
Ancora una volta concludiamo la giornata provati, ma
soddisfattissimi e felici per quanto fatto e visto, con
quel sano, piacevole malessere diffuso, che solo la
fatica fisica in montagna sa dare. E come sempre ci
diciamo dispiaciuti per non avere abbastanza tempo da
dedicare a questo meraviglioso parco, che senza dubbio
merita una visita più approfondita. Vorrà dire che
torneremo. PASTI: colazione
al refugio compreso nella quota; pranzo lunch-box
compreso nella quota; cena al rifugio compresa
nella quota. NOTTE: Refugio Torre
Central, P.N. Torres del Paine 80$ a persona (full
board: letto, 3 pasti, coperte); fantasticosur.com,
ventas@fantasticosur.com. venerdì 13 novembre, TORRES
DEL PAINE PUNTA ARENAS Una volta di più ci rendiamo
conto che stare al Paine mezza giornata non ha senso,
perchè proprio in così poco tempo non si riesce a fare
niente. Bisognerebbe davvero spostarsi da un rifugio all'altro
ed avere a disposizione almeno tre o quattro giorni
interi, sempre che non si voglia affrontare il W o El
Circuito, per i quali ne serve qualcuno in più. Per
fortuna la giornata è ancora splendida, così ce la
prendiamo comoda e andiamo a piedi fino a Laguna Amarga,
senza usufruire del pullmino del refugio, ovviamente a
pagamento come tutto il resto da queste parti. Per
arrivare a Punta Arenas dobbiamo prendere un bus da qui e
poi cambiare a Puerto Natales (trasferimenti Paine
Puerto Natales, 8000CLP a testa, con Bus Pacheco,
busespacheco.com; Puerto Natales Punta Arenas,
5000CLP a testa, con Bus Fernandez, busesfernandez.com).
Il sentiero, che poi è la strada carrabile che collega
lingresso al refugio, è molto semplice e non ci
impegna, quindi lo affrontiamo con la massima calma,
fermandoci a scattare foto, a mangiare e a goderci le
ultime viste di questo parco grandioso. Incontriamo anche
diversi guanachi ed avvistiamo un paio di aquile cilene,
prima di arrivare con larghissimo anticipo alla guarderia.
Dopo le 13 cominciano ad affollare larea di sosta i
bus di tutte le compagnie, in coincidenza con i trasporti
privati dei vari hostales e refugios; cè anche il
nostro piccolino di Bus Pacheco, che però ci dice di
dover aspettare qualche minuto altri passeggeri che
arrivano col minibus del nostro stesso rifugio. Nessun
problema, diciamo noi, ma poco dopo capiamo che veramente
il fato è tornato dalla nostra parte: il pullmino del
refugio si incastra nel ponte di ferro a 500 metri dall'arrivo.
Ma come è possibile che si incastri?! Semplice, perchè
il terreno su cui sorge la struttura è privato e, per
evitare di condividere lesclusiva del trasferimento
dei viaggiatori con tutti gli altri operatori, i
proprietari hanno mantenuto il vecchio ponte metallico
che consente il passaggio, con ben due centimetri per
parte, solo ai loro minibus. Dico due centimetri perchè
sono proprio due, non uno di più. E allora?! E allora
basta che lautista incontri un sassolino che
fatalmente il mezzo non passa più. E i poveretti all'interno
ovviamente non possono scendere, perchè le portiere sono
laterali e luscita posteriore non risolve il
problema, perchè comunque poi bisognerebbe scalare il
minibus per passarci sopra. Non osiamo immaginare la
nostra pazzia se fossimo stato lì dentro, con il bus per
Punta Arenas che ci aspetta coi minuti contati. Il nostro
uomo infatti aspetta dieci minuti e poi parte, proprio
per consentirci di prendere la coincidenza da Puerto
Natales. Se fossimo stati prigionieri sul ponte di ferro
l'avremmo perso, perchè arriviamo con soli 15 minuti di
anticipo, giusto in tempo per ritirare i biglietti. E sera e a Punta Arenas il
cielo è coperto. Vediamo poco della città
attraversandola in macchina col gentilissimo signor Jorge
Alvarado dellhostal, venutoci personalmente a
prendere alla fermata. Ci eravamo tenuti mezza giornata
di margine per visitare la pinguinera di Isla Magdalena,
nel caso in cui non fossimo riusciti a vedere Punta Tombo,
ma per fortuna non ci serve quel tempo, anche perchè
scopriamo che le escursioni per lisola iniziano dal
mese di dicembre. Così decidiamo di evitare nuovi
inconvenienti a ridosso dei voli importanti anticipando
alla mattina, senza sovrapprezzo, il volo Lan Chile per
Santiago di domani pomeriggio (acquistato a fine
agosto sul sito lan.com, 290 a testa). PASTI: colazione
al refugio compreso nella quota; pranzo lunch-box
compreso nella quota; cena al sacco. NOTTE: Hostal Victoria,
Av. Espana 1291, Punta Arenas 46$ (BBT); tel. +56.61.225599,
hostalvictoria.cl, jorgemalvarado@gmail.com. sabato 14 novembre, PUNTA
ARENAS SANTIAGO La colazione allhostal si
rivela molto particolare perchè si svolge sul tavolo
della cucina di casa, accanto alla vecchia stufa a legna
su cui Jorge scalda qualche fetta di pane, in compagnia
della moglie e della centenaria mamma che non smette mai
di raccontarci i mesi trascorsi in Italia. Alla piccola
tavola si alternano pochi ospiti e molti tra amici e
parenti, più o meno impegnati nella manutenzione e
gestione della casa; un vero spaccato di vita familiare,
tra le chiacchiere, il latte scaldato a vapore e la
marmellata che, ci scommettiamo, è quella della nonna.
Poi il signor Jorge ci accompagna allaeroporto (8$
in tutto) da cui, alle 11, decolliamo diretti verso
la capitale. Non avendo abbastanza tempo per visitare la
città abbiamo deciso di alloggiare in uno degli hotel
più vicini allaeroporto, anche perchè la
differenza di prezzo con quelli del centro non è poi
tanta e le tariffe dei taxi sono molto...italiane. Così
ci accomodiamo gratis in uno dei minibus TransVip che
continuamente fanno la spola tra lo scalo e i principali
hotel, tra cui il nostro Diego de Almagro Airport.
Inutile parlare della struttura e dello shock che ci
causa, dopo due settimane di semplicità quasi estrema.
Ci danno una camera al quarto piano che da sola potrebbe
comodamente contenerne tre di qualunque altro hostal in
cui siamo stati; con doppio letto matrimoniale e un bagno
che neanche a casa. Siamo addirittura costretti ad usare
l'aria condizionata perchè fuori è un po' caldino.
Proprio qui, in un lusso quasi eccessivo per i nostri
standard, capiamo che l'avventura patagonica adesso è
proprio finita. Non serve descrivere la faccia del
receptionist quando ci vede arrivare in tenuta-avventura,
tutti polverosi dopo 15 giorni di scalate, con un cambio
a settimana, in mezzo ai fichissimi che normalmente
popolano lhotel. Da morire dal ridere. E ridiamo
ancora di più a cena, quando ci presentiamo nel salone
di pizzi e sfavillanti dorature con gli stessi vestiti e
le scarpe da trekking. Il pasto, alla carta, è comunque
regale e il prezzo molto più accettabile di quanto
potessimo pensare. Domattina alle 9:30 però ci aspetta
il volo per Rapa Nui, e lì sarà ancora un altro mondo. PASTI: colazione
in hotel; pranzo in volo; cena in hotel
26400CLP in due. NOTTE: Diego de Almagro
Airport, Av. Amerigo Vespucio Oriente 1299, Santiago
123$ (BBT); dahoteles.com, aeropuerto@diegodealmagrohoteles.cl,
visitchile.com, sales@visitchile.com. domenica 15 novembre,
SANTIAGO RAPA NUI Si parte (volo Lan Chile
acquistato a luglio su expedia.com, 474,10 a testa).
Siamo eccitati come scimmie davanti a un caspo di banane
e quasi non ci accorgiamo delle sei ore di volo che ci
fanno attraversare mezzo Pacifico per arrivare su
unisola sperduta, battuta dai venti e dalle onde,
con una storia che ancora oggi è in parte misteriosa.
Misterioso è anche lorario locale, visto che il
comandante ci dice che stiamo atterrando alle 11 e invece
sono le 13. Si potrebbero fare mille considerazioni sulle
tariffe monopolistiche di Lan, unica compagnia che va e
viene dallisola (da Santiago o da Tahiti), ma ci
limitiamo a denifinirli simpaticamente maledetti ladroni.
Fa molto caldo e lumidità
è elevata, il cielo è coperto, quasi completamente
grigio, ma il verde della vegetazione che circonda il
piccolissimo aeroporto è ugualmente splendente. Nello
stanzone degli arrivi troviamo subito la signora del
nostro residencial, una matrona dai muscolosi tratti
polinesiani che ci da il benvenuto buttandoci al collo
una collana di fiori freschi. Il taxi che ci porta
allApina Tupuna è sgangherato come, ci sembra, la
strada che percorre, mentre la camera che ci spetta è
molto spartana e un po... trasandata. Niente di
orrido, per carità, però ci sembra un po lontana
dallimmagine che ci eravamo costruiti di alloggio
in uno degli ultimi paradisi naturali. Scopriamo ben
presto che è tutta lisola, abitanti compresi, a
non essere un classico paradiso tropicale, ma uno
sperduto scoglio nel bel mezzo delloceano, con un
incredibile patrimonio archeologico-culturale non
bilanciato da unadeguata cura, in tutti i sensi.
Spioviggina, ma non bastano certo due gocce a
scoraggiarci, così prendiamo subito possesso della
nostra vettura, noleggiata su suggerimento della padrona
di casa (Oceanic Rapa Nui Rent a car, Atamu Tekena s/n,
Hanga Roa 90000CLP per 4 giorni; rapanuioceanic.com).
Già dalla breve trattativa col noleggiatore abbiamo
limpressione di trovarci a contatto con una
poplazione più scorbutica e meno incline alla simpatia
di quelle finora incontrate; anzi, ci sembra sempre di
essere sul punto di prendere un qualche tipo di fregatura,
a cominciare dal Grand Vitara 4x4 che ci offre, che a noi
sembra più un Jimmy con ladesivo del fratello
maggiore. Non
abbiamo tempo di programmare una visita ai siti più
importanti, ma decidiamo comunque di dedicarci ad una
prima esplorazione dellisola, così da essere già
preparati per le escursioni di domani. Torniamo verso
laeroporto percorrendo lAvenida Atamu Tekena,
la via principale di Hanga Roa, unico agglomerato abitato
e, naturalmente, capoluogo dellisola. Da lì
prendiamo la via costiera e ci dirigiamo verso la zona
est, dove si trovano gli importantissimi Rano Raraku e
Ahu Tongariki. Lungo la strada godiamo dello spettacolo
del mare che sinfrange tempestoso su questo scoglio
di roccia vulcanica e vediamo anche i nostri primi moai.
Quando poi ci passa davanti il cartello per Rano Raraku
ci fiondiamo verso linterno per dare una prima
occhiata a quello che è definito il vivaio (o anche la
fabbrica) dei moai. Non serve molto tempo per capire che
il nomignolo è quanto mai azzeccato: decine e decine di
teste rocciose spuntano dal verdissimo fianco del vulcano
e sembrano veramente in attesa di muoversi, di spostarsi
in qualche altro luogo, come se aspettassero qualcuno che
ormai non verrà più. Piove e cè vento, così
riusciamo solo a guardarli dalla base della montagna,
però anche da lontano il sito ci impressiona parecchio e
lo segnamo come prima tappa di domani. Dallalto
riusciamo anche a vedere lAhu Tongariki, con i suoi
quindici moai tutti in fila, che inevitabilmente ci
costringe a passare dalle sue parti per dare
unocchiata. E già che siamo arrivati fin
qua, diciamo, proseguiamo verso nord e andiamo a vedere
dove si trova la famosa spiaggia di Anakena.
Unocchiata dalla strada e via verso sud,
sullunico tratto asfalatato che taglia a metà
lisola, attraversandola completamente da nord a sud.
Alla fine completiamo quasi lintero perimetro, o
almeno la parte principale, in meno di tre ore, soste
comprese. Purtroppo la fortuna non è
ancora riuscita a raggiungerci quaggiù e stiamo vedendo
tutto un po offuscato dalla spessa coltre di nubi,
ma non perdiamo la speranza e aspettiamo domani, anche se
vedendo le piscine che si sono formate sulle strade
qualche leggerissimo dubbio comincia a venirci. Di sicuro
ci diciamo contenti di aver programmato quasi tre giorni
di visita, anche se, va detto, in una giornata o poco
più si riuscirebbe a fare quasi tutto. Ceniamo
ottimamente in un ristorantino dallaspetto quasi
modesto poco lontano dal nostro residencial, sullo stesso
lungomare. PASTI: colazione
in hotel; pranzo in volo; cena Kona Nehe
Nehe Restaurant, Av. Policarpo Toro s/n, Hanga Roa
19800CLP in due. NOTTE: Apina Tupuna,
Policarpo Toro s/n, Hanga Roa 65$ (BBT); tel. +56.32.100763,
apinatupuna.com, info@apinatupuna.com. lunedì 16 novembre, RAPA NUI
La fortuna devessere
rimasta imbottigliata nel traffico, pensiamo quando ci
svegliamo sotto lo stesso cielo grigio del giorno prima.
Almeno però non piove e la luce sembra un pochino
migliore. Durante la colazione, non certo abbondante ma
accettabile, la padrona di casa ci dice che da quasi due
settimane stanno vivendo con questo tempo terribile, con
pioggia e vento incessanti, tanto che gli isolani sono
disperati perchè un fenomeno tanto prolungato non si era
mai visto. Che cu...! pensiamo spalmando la
compatta marmellatina fatta in casa. Dice che, non
essendo dotati di impianti di riscaldamento (minima
annuale mai sotto i 15 gradi), non riescono nemmeno a far
asciugare le cose lavate, men che meno gli asciugamani
delle camere. Ci parla di cambiamenti climatici, di mesi
piovosi senza pioggia e di mesi secchi (novembre è il
meno piovoso insieme a dicembre) con tempo pessimo. Manca
solo che ci proponga un sacrificio umano. Ci facciamo un
po di coraggio parlando con una coppia di signori
australiani, lui ranger che, dovendo partecipare ad un
raduno di rangers (appunto) in Bolivia, ha approfittato
per organizzare con la moglie un giretto di circa quattro
mesi attraverso tutto il mondo. Tra una chiacchiera e
laltra il cielo sembra un po più chiaro,
così usciamo col nostro fuoristrada sulle piste testate
ieri. Con la Lonely in mano e la mappa sul cruscotto
capiamo subito di aver sopravvalutato
lorganizzazione locale: i nomi delle vie segnati
sulle guide in realtà non esistono e le strade sono a
dir poco trascurate. Non parliamo di una rete viaria
sterrata, con qualche buca qua e là (quella ce
labbiamo anche noi), ma di vere e proprie voragini
che si aprono trasversalmente alla stretta carreggiata,
con la terra che da un pezzo non è più battuta e
assomiglia più ad una trappola di fango che ad una via
carrabile. Che dire, ci aspettavamo una natura selvaggia,
paesaggi incontaminati, ma qui siamo quasi
allabbandono preistorico. Non ci sorprendiamo
quindi quando incrociamo un paio di veicoli locali
impegnati ad uscire da un qualche lago di fango. I siti
principali sono segnalati, ma quelli secondari sono tutti
da scoprire fermandosi sostanzialmente a caso lungo la
via, cercando di orientarsi ricavando le distanze dalle
mappe; i nomi delle vie non esistono e quelli che
leggiamo sulla guida forse se li sono inventati gli
autori. Definirla incontaminata è poco. Però anche
tutto questo ha il suo fascino e, una volta superato il
primo impatto, questisola selvatica riesce a farsi
amare proprio per la sua semplicità, per il suo
estremistico niente. Riprendiamo la via costiera
meridionale e torniamo al vulcano Rano Raraku per
visitare il vivaio. Un consiglio: quando, seguendo la
strada che costeggia laeroporto, ci si trova circa
a metà pista, è più comodo al bivio prendere la
deviazione a sinistra verso Anakena, evitando un tratto
molto impegnativo, privo tra laltro di siti
particolarmente interessanti; poi, dopo circa 3 km, si
riguadagna la costa svoltando a destra. Il fianco della
montagna è costellato di statue, in posizione eretta,
semisepolte o riverse al suolo, e tutto il sito (ingresso
10$ a persona, valido anche per il sito di Orongo) è
attraversato da un sentierino che sale e scende toccando
tutti i punti più interessanti, compreso linterno
del cratere. Visti da vicino fanno impressione. Liberi
nel loro contesto naturale, non più
costretti in una piccola foto, sono uno spettacolo che
quasi mette a disagio. Libri, documentari, film, niente
era riuscito a liberarci dalle perplessità che ci
eravamo portati fin qui, sulle pendici del vulcano. Per
primo dissolviamo il mistero sulla realizzazione delle
statue: sono blocchi monolitici scavati, modellati ed
estratti direttamente dalla montagna, ovviamente a mano.
Sono ben visibili numerosi moai in varie fasi di
lavorazione, ancora legati alla roccia madre, nella vana
attesa di essere completati e liberati. Alcuni sono
enormi, a dimostrazione che nellultima fase la
costruzione dei moai era arrivata ad un livello estremo,
con una ricerca quasi ossessiva del superamento delle
dimensioni precedenti. Il mistero semmai rimane per
quanto riguarda il trasporto giù dal pendio di questi
mostri del peso di diverse tonnellate. A tal proposito
esistono numerose teorie, alcune un po fantasiose,
di cui noi immaginiamo una combinazione: non sarebbe
strano infatti se il moai venisse prima fatto scivolare
lungo il pendio e poi innalzato su una sorta di carro e
spinto fino al proprio ahu. Questo spiegherebbe anche
perchè molte statue sono spezzate, probabilmente a causa
delle inevitabili cadute. In ogni caso rimane il senso di
stupore di fronte ad opere tanto grandiose quando
complicate, visti i mezzi a disposizione.
Esaminiamo e fotografiamo tutto, godendoci ogni istante
di questo luogo incredibile, con quel senso più o meno
giustificato di una volta nella vita che ci
accompagnerà per tutto il soggiorno sullisola. Ci
arrampichiamo anche in cima al vulcano e ne esploriamo il
cratere, ora occupato da un lago con piante acquatiche e...pesci
(?!?!). E incredibile come anche le ripide pareti
interne del cono vulcanico siano punteggiate di
innumerevoli moai, quasi tutti eretti. Sul sentiero che
ci riporta alluscita incontriamo una sposa; sì,
una ragazza chiaramente europea vestita da sposa, il neo
marito con lo zainetto in spalla ed un fotografo locale
con una fotocamera tanto inadeguata che ci viene da
proporci per scattar loro qualche foto decente. Lui ride
(e un po anche noi), ma lei non sembra proprio
lieta, col vento che le prende tutti i veli, il fango che
le sporca le scarpine candide e qualche spruzzatina di
pioggia che le sistema lacconciatura. Cosa non si
fa per una foto matrimoniale con il roccioso fascino di
un bel moai! Torniamo in macchina e in due
minuti siamo allAhu Tongariki. Alti sette, otto,
dieci metri, i quindici moai si stagliano scuri sullo
sfondo azzurro del mare. Abbattuti per vendetta durante
le lotte interne prima e dalla furia di uno tsunami negli
anni 60, furono rialzati e restaurati da una società
giapponese nei primi anni 90, ed oggi costituiscono uno
dei must per chi visita Rapa Nui. Tutti in fila quasi
sullattenti, superbi a testa alta, sembrano una
piccola truppa o gli all blacks sul punto di cantare
linno nazionale. Sono tutti diversi, alti o bassi,
un po tarchiati o slanciati, con baffetti e
pizzetto o senza, non sembrano certo divinità, ma
persone vere, forse capi o personalità, resi immortali
dagli artisti della pietra. Tanto più che, come quasi
tutti gli altri moai, non sono rivolti al mare, ma verso
linterno, come se fossero lì non tanto a
protezione, quanto a controllo degli isolani, come a dire
Attenti: vi guardiamo.. E facile
restare ipnotizzati dal loro fascino semplice, quasi
povero, potentissimo, e ad ogni passaggio sotto
lahu (la sorta di altare su cui poggiano) si notano
nuovi e diversi particolari, piccole cesellature
simboliche nella roccia durissima. Anche le mani e le
braccia (perchè le hanno, anche se li pensiamo sempre
solo come teste) sono posizionate in maniera diversa e
spesso reggono oggetti stilizzati o rituali. Veramente un
sito di grande impatto. Abbiamo ancora molto tempo e
lisola è così piccola (una sessantina di km per
fare tutto il giro) che riusciamo a passare per tutti i
siti più interessanti, tra cui la spiaggia di Anakena e
lAhu Akivi, che comunque rivedremo domani con la
luce del mattino. Visitiamo anche gli Ahu cittadini, dopo
il porto sulla costa a nord di Hanga Roa, con i cinque
bei moai restaurati dellAhu Vai Uri ed il solitario
dellAhu Ko Te Riku, lunico che ancora
conserva i bianchi occhi di pietra corallina. Nel tardo
pomeriggio poi ci trasformiamo in turisti e ci dedichiamo
allobbligatoria e fondamentale attività di ricerca
del moai da portare a casa, con inevitabile contorno di
altri piccoli souvenirs. Alla fine rientriamo con un
po di cianfrusaglie ed un sasso di 6-7 chili che
sarà divertente far entrare nel bagaglio a mano. Già
che siamo in giro ci fermiamo a cenare in un localino
semplice semplice, ingolositi dalla recensione della
Lonely, a gustare le straordinarie empanadas:
un inganno colossale. A parte che non ha diversi
ingredienti, ma anche quelli che ha non sono degni di un
pasto decente e le empanadas sono sì grandi, ma si
mangiano solo con grande forza di volontà. Segnatevelo
ed evitatelo. PASTI: colazione
in hotel; pranzo al sacco 6000CLP in due; cena
Ariki o Te Pana, Av. Atamu Tekena s/n, Hanga Roa
11000CLP in due. NOTTE: Apina Tupuna,
Policarpo Toro s/n, Hanga Roa 65$ (BBT); tel. +56.32.100763,
apinatupuna.com, info@apinatupuna.com. martedì 17 novembre, RAPA
NUI Gli australiani ci salutano: se ne vanno sotto lo stesso cielo grigio che hanno trovato allarrivo, ma ormai non ci facciamo più caso. Li ritroviamo poco dopo al Museo Antropologico, impegnati nellultima visita del loro soggiorno (ingresso 1000CLP a persona, museorapanui.cl). Sembrerà impossibile, ma trovare il museo non è per niente facile. Non riusciamo a dare un consiglio utile perchè nemmeno noi sappiamo in che via abbiamo svoltato per arrivarci: sono senza nome e alcune sono così dissestate che sembrano tutto fuorchè strade percorribili in macchina. Anche seguendo le indicazioni ci troviamo un paio di volte a casa di qualcuno o in un vicolo senza uscita, e solo allennesimo loop imbocchiamo quella che non avremmo mai pensato di dover prendere e...arriviamo. Quindi che dire, quando andate in direzione del museo e scompaiono le indicazioni, girate a sinistra nella via più infelice e sconnessa che vedete e ci arriverete. Museo che non è affatto grande, e non potrebbe essere diversamente, ma la cui visita è fondamentale per capire qualcosina in più di un popolo ed una terra sperduti in mezzo alloceano. Già
che siamo in trance culturale andiamo anche a visitare il
sito di Orongo, restaurato villaggio cerimoniale posto in
cima al vulcano Rano Kau, punta sud-occidentale
dellisola. Attenzione perchè la strada che sale in
vetta è insidiosissima anche con la pioggerella fine
fine che incontriamo durante lascesa, tanto che
più di una volta rischiamo di trovarci con lauto
girata in mezzo alla via. Al parcheggio il vento è
fortissimo e la pioggia fastidiosa, così troviamo riparo
nella piccola biglietteria, dove un custode che pensava
tutto fuorchè vedere dei visitatori, ci timbra i
biglietti del giorno prima senza neanche staccare gli
occhi dallamichevole del Cile in tv, in diretta
dallEuropa. Poco dopo smette almeno di piovere e
riusciamo a completare il giro del villaggio, che a dire
la verità avevamo già in parte esplorato il giorno
prima, entrando come ladri da un buco nel muretto dopo
lorario di chiusura. Il sito è interessante e la
vista sulloceano straordinaria. Lo sguardo si perde
allinfinito in un blu sempre più blu, senza
ostacoli e senza fine. In basso, guardando oltre lo
strapiombo verticale, si vede il famoso scoglio (o
faraglione) celebrato anche nel film Rapa Nui, una
pellicola non certo memorabile, ma un buon documentario,
fedele alle più moderne teorie sulla storia e la vita
del luogo. Nel punto più sacro perfino le pietre oltre
il precipizio sono decorate e intagliate, mentre le
antiche abitazioni ricordano un po i nostri nuraghi.
Affrontiamo linfida discesa lasciando più volte
che la macchina vada dove meglio crede, controllando più
volte lo sterzo come se fossimo in una gara di rally.
Riguadagnamo il centro e via verso Anakena, a 15 km
dallaltra parte dellisola; non prima di una
sosta al chiosco sulla via che porta alla chiesa, a
gustare un paio di buoni sandwiches fatti al momento
dalla signora più gentile che abbiamo incontrato. Ecco,
ci piace ricordare lo spirito di Rapa Nui come quello
della signora dei panini nella sua baracchina
allincrocio. La spiaggia è molto bella ed è
giustamente indicata come la migliore di tutta Rapa Nui (per
forza, è praticamente lunica), con quei cinque
moai piazzati proprio nel mezzo a dominare la scena tra
le palme e il mare; sarebbero sette, ma di due è rimasto
pochissimo. Di sole ovviamente neanche a parlarne, però
ci godiamo una mezzora di luce chiara che ci fa
apprezzare quasi al meglio la meraviglia di questo luogo
incredibile. Più defilato sulla destra cè anche
un gigantesco moai solitario, sullAhu Nau Nau, che
appare chiaramente diverso dagli altri, sia per forma che
per posizione, tanto da sembrare antichissimo rispetto a
loro. Anche qui scattiamo foto come giapponesi, da sotto,
da lontano, da dietro le palme, col mare e con la sabbia,
ed esaminiamo i cinque colossi impettiti più da vicino
che si può. Sulla via del ritorno ci fermiamo anche
allAhu Akivi, il sito con sette moai di medie
dimensioni, unico realizzato nellentroterra e unico
con le statue rivolte verso il mare lontano. Guidare è
come sempre unavventura, ma alla fine arriviamo a
sera senza danni, con la macchina sempre più sporca e
noi sempre più meteoropatici. Stasera decidiamo di
fidarci del consiglio degli australiani e proviamo il
ristorantino posto alla fine della nostra via verso sud,
isolato, davanti al porticciolo dei pescatori: cena non
memorabile, ma senzaltro buona e da consigliare. PASTI: colazione
al resicencial; pranzo al chiosco 7000CLP
in due; cena Tataku Vave, Caleta Hanga Piko s/n,
Hanga Roa 22500CLP in due. NOTTE: Apina Tupuna,
Policarpo Toro s/n, Hanga Roa 65$ (BBT); tel. +56.32.100763,
apinatupuna.com, info@apinatupuna.com. mercoledì 18 novembre, RAPA
NUI SANTIAGO Non piove, ed è già una
notizia, e le nuvole lasciano filtrare una buona luce. Il
volo è alle 14:10 quindi, pensiamo, abbiamo tutto il
tempo di andare a fare le ultime foto a tutti i siti
principali. Il problema è che lo stato delle strade è
andato via via peggiorando e dopo due giorni di guida
tipo Camel Trophy stamatttina sembra di essere in un
videogame: fango, buche larghe e profonde, piscine
naturali, la macchina che si gira, mucche e cavalli che
entrano in strada dalla selva. Tutto sotto controllo
finchè, proprio alla fine come quando si giocava a
pallone e cera sempre quello che faceva
lultimo tiro sul terrazzo di un vicino, ci viene
lidea geniale di tornare anche allAhu Akivi,
la cui unica via di accesso è sterrata e con una buona
pendenza. A un certo punto, lasciando il sito per tornare
sul più rassicurante asfalto, sulla salita melmosa la
macchina non riesce a salire. Le ruote slittano, l'auto
si gira, non riesco ad andare su e siamo sempre più
impantanati. Sabrina di fianco perde la parola e fissa il
vuoto. Per fortuna in retromarcia mi libero e scopro poi
che la nostra macchinina avrà mille difetti, ma ha una
marcia ridotta funzionante e così, con un po' di
pazienza e molte parole irripetibili, riusciamo a
risalire. Dice Sabrina che fosse stato per lei sarebbe
rimasta lì a sgommare nel fango fino a rimanerne sepolta.
Mi sembra quasi di vederla...Si potrebbero aprire
infiniti dibattiti sulla gestione dell'isola, ma noi
restiamo perplessi pensando alla manutenzione delle
strade e, di conseguenza, delle abitazioni. Non che ci si
aspetti chissà che cosa, ci mancherebbe, però manca
proprio quel minimo di cura non tanto per gli altri, ma
per le proprie cose, come appunto le strade. Ci sono due
vie asfaltate che sembrano formaggio svizzero, le altre
sono tratturi abbandonati che comunque anche gli isolani
devono percorrere e che quindi dovrebbero, dico
dovrebbero, voler tenere almeno praticabili. In fondo non
parliamo di centinaia di chilometri di strada e, sempre
in fondo, le tariffe e i prezzi non sono poi così bassi,
anzi. Lo stesso dicasi per i ristoranti o le guesthouse.
Ovviamente non mancano i locali lussuosi, ma sono
rarissime eccezioni. Sarà per l'isolato isolamento,
però viene da dire che se questi non avessero la fortuna
di avere quei due moai, rimarrebbero lì da soli in mezzo
alle tempeste oceaniche. Certo che quei due moai sono
proprio belli. Anzi, più che belli verrebbe da definirli
maestosi, superbi, che quasi, da lì sotto, incutono un
certo timore, si prendono un rispetto quasi regale. E
anche loro, come gli abitanti, se ne fregano, non
guardano il mare, non proteggono l'isola dagli invasori,
ma sono girati verso l'interno, quasi a volersi far
vedere ed ammirare e onorare. Insomma un'isola veramente
unica che, sole o non sole, si fa voler bene nella sua
scontrosità. La lasciamo col suo record di
nubi e pioggia, felici di averla vista e dispiaciuti di
doverla abbandonare, con quel sottofondo di una
volta nella vita che nel lusso eccessivo
dellhotel di Santiago ci riempie la mente e il
cuore. PASTI: colazione
al residencial; pranzo in volo; cena in
hotel 18200CLP in due. NOTTE: Diego de Almagro
Airport, Av. Amerigo Vespucio Oriente 1299, Santiago
123$ (BBT); dahoteles.com, aeropuerto@diegodealmagrohoteles.cl,
visitchile.com, sales@visitchile.com. giovedì 19 novembre,
SANTIAGO ITALIA Ci alziamo vergognosamente tardi
e come locuste consumiamo una colazione quasi
imbarazzante per abbondanza. La preparazione del bagaglio
a mano ci porta via parecchio tempo, soprattutto per la
presenza di quel sassolino a forma di moai. Ovviamente
gli abbiamo comprato anche il copricapo, che poi
copricapo non è, ma la rappresentazione della
caratteristica acconciatura polinesiana, con i capelli
raccolti sulla testa in una specie di concio. Con il
solito TransVip ci riportano allaeroporto e, dopo
mille controlli, una notte e un oceano, rimettiamo piede
nella vecchia Europa, non senza lultimo brivido di
un ancora imprecisato malessere di Sabrina, forse causato
da una malefica pallina di salmone servita dagli amici di
Iberia. PASTI: colazione
in hotel; pranzo in volo; cena in volo. NOTTE: in volo. venerdì 20 novembre, ARRIVO
Finisce così lavventura patagonica che ci ha portato alla fine del mondo e forse anche un po oltre. Unesperienza fantastica, un viaggio ricchissimo che senza sforzo sale al top delle nostre avventure. Abbiamo visto balene e pinguini, volato fin dove le Ande si gettano nelloceano tempestoso, camminato sui ghiacciai e tra picchi innevati di incomparabile bellezza, navigato tra gli iceberg e guardato negli occhi le statue più misteriose del mondo sullisola più remota del mondo. Verrebbe quasi voglia di dire abbiamo visto cose che voi umani.... Non servono altre parole, che già ne abbiamo spese troppe, per consigliare questo viaggio e descriverne la meraviglia; solo lo raccomandiamo a chi è davvero motivato e disposto a fare qualche sacrificio, anche fisico, che alla fine, vedrete, risulterà piccolo se confrontato allinestimabile patrimonio di immagini ed emozioni che, dalla fine del mondo, ci si riporta a casa.
Per vedere tutte le altre foto visita la photogallery. |