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IN EDICOLA CON "VIAGGIANDO"

Grazie a forumviaggiatori.com abbiamo la possibilità di essere protagonisti di una bellissima collaborazione con il mensile Viaggiando per il quale, tramite il forum, scriveremo ogni mese un articolo. Gli amici di FV ci hanno fatto l'onore di essere i primi ad uscire sulla rivista con l'articolo sul nostro viaggio in Namibia. Di seguito le pagine della rivista e il testo completo.

 

 

LE PAGINE DELLA RIVISTA

 

NAMIBIA

Diamante tra oceano e deserto

Un’avventura on the road di 4000 chilometri, dalle dune infuocate del Namib ai leoni di Etosha.

 

C’è un angolo d’Europa nel continente nero: un paese giovanissimo in cui convivono il deserto e la savana, i canyon e l’oceano, le fiere etnie dell’africa sub-tropicale e i bianchi discendenti del vecchio continente, lo strudel di mele e i piatti di riso e carne. La Namibia, meta sempre più ambita del turismo moderno, è la destinazione ideale per chi ama sentirsi libero di perdersi in una natura ancora incontaminata, per chi vuole vivere in un documentario ed è alla ricerca dell’emozione che solo un safari può dare.

Terra difficile, quella namibiana, arsa dal sole invernale e battuta dalle piogge estive, tagliata dal tropico del Capricorno e stretta tra il gelido Atlantico meridionale e l’arido Kalahari. Un paese di contrasti in cui a volte si dubita di essere veramente in Africa, un paese in cui vedere otarie e giraffe, spiagge di diamanti e verdi pianure, case bavaresi e capanne di paglia, piccoli boscimani e panciuti bianchi teutonici, il tutto in un’apparentemente fragile, ma tenace, armonia. Un paese da vivere a 360 gradi, dove in un attimo si passa dai trafficati viali di Windhoek ai ritmi lenti delle fattorie perse nel veld, dal fragore dell’oceano al silenzio infinito delle piste solitarie.

Non ci sono pericoli in Namibia, se non quello di trovarsi a percorrere centinaia di chilometri nel nulla, verso un orizzonte sempre lontanissimo, senza un cartello a confortare e rassicurare che sì, la strada è quella giusta.

Il nostro itinerario, 15 giorni d’agosto rigorosamente fai da te, ci ha portato dall’estremo sud, al confine col Sud Africa, fino alle pianure dell’Etosha, a nord, passando per il Namib e la costa atlantica. Partiamo da Windhoek, la capitale, sul nostro fuoristrada, destinazione Fish River Canyon, il Gran Canyon d’Africa, che ci sorprende per imponenza e bellezza selvaggia. Niente da invidiare al più famoso cugino americano, niente orde di turisti, hotel e parcheggi, ma solo silenzio e serena contemplazione dell’opera millenaria del fiume. Tutta la zona meridionale del paese è in realtà molto ricca: canyon, diamanti, cavalli selvaggi e orizzonti sconfinati, con strade spesso sterrate che richiedono attenzione e prudenza. Quaggiù forare non è solo uno sfortunato imprevisto, ma una costante spesso frutto di disattenzione ed eccessiva velocità. Per questo noleggiare un fuoristrada, anche se più costoso, può evitare spiacevoli inconvenienti e garantire una maggiore sicurezza. Divoriamo chilometri fra montagne e sconfinate distese erbose, tagliando il deserto senza incontrare anima viva, con gli occhi all’orizzonte e il dito sulla mappa a nominare località che spesso sono solo due capanne, un incrocio o un bidone di lamiera con una scritta. Più di una volta, e all’inizio la cosa inquieta un po’, troviamo un cancello, non sul margine, ma proprio sulla strada: non è chiaro se sia un confine di proprietà o un dissuasore di velocità, in ogni caso occorre scendere, aprirlo, passare e richiuderselo alle spalle. Meraviglie d’africa.

Copriamo il tratto che da Aus porta a Sesriem, nel cuore del Namib, percorrendo la D707, una pista ben poco frequentata che però ci riserva scorci di paesaggio veramente mozzafiato e avvistamenti di struzzi, orici e springbooks: sarà una delle strade più belle di tutto il viaggio.

Anche le temperature non sembrano africane, ma risalendo verso nord troviamo un sole sempre più caldo che ci scorta fino a quell’oceano di sabbia rossa che è il Namib. Qui l’industria turistica è arrivata e già ben prima dell’alba l’ingresso del parco è presidiato da una lunga fila di veicoli. Avendo alloggiato a due passi dal gate siamo tra i primi ed abbiamo la possibilità di vedere l’assurda corsa delle auto verso il cuore della riserva, a caccia del primo raggio di sole da fotografare dalla postazione migliore. Competizione secondo noi inutile perchè a queste latitudini l’alba è rapidissima, come il tramonto del resto, e Sossusvlei, il centro del parco, dista 60 km dall’ingresso. Ci “accontentiamo” delle dune lungo la strada e della celeberrima Duna 45, per metà accesa di rosso e arancio e per metà buia d’ombra. Lo spettacolo del sole e dei colori che cambiano di ora in ora è di valore assoluto e non è facile da descrivere. Scalare uno di questi giganti di sabbia è un must e un’occasione per avere una visione privilegiata e spettacolare di un deserto che davvero sembra il mare. Rosso. La sosta alla Dead Vlei, una bianca depressione incastonata tra altissime dune che si raggiunge comodamente a piedi, completa una giornata di sole, vento e nubi di sabbia, colori e ombre e scorci da cartolina: bellissimo.

Il vento del deserto ci spinge sempre più a nord, attraverso il desolato ma spettacolare Garub Pass, fino alla west coast e all’oceano, su cui si affacciano Walvis Bay e Swakopmund, vere città europee con industrie, alberghi ed una rinnovata vocazione turistica. In particolare Swakopmund, principale località balneare del paese, presenta evidenti radici tedesche, con gli edifici in stile art nouveau, i campanili e i tetti a punta, tanto che se non fosse per le palme crederemmo di essere in Germania. Ordine e precisione teutonica, caratteri gotici sulle porte degli hotel, bianchi negozianti e camerieri neri, una mescolanza di etnie e di contrasti... non è difficile ricordare che fino a ieri anche qui era Sud Africa. Sulla spiaggia c’è un ricco mercato di artigianato locale, dove non si può comprare nulla senza un’animata contrattazione, ma dove si respira la sana e semplice aria africana e dove i ragazzini non chiedono soldi ma penne a sfera e chewing-gum. Himba, herero, san, owambo, damara, kavango, nama...sono solo alcune delle etnie che qui convivono e si confrontano con i bianchi afrikaner, discendenti dei boeri olandesi, dei coloni tedeschi e inglesi, parlando linguaggi antichi come il bantu, così diversi dall’afrikaans, la nuova lingua dei colonizzatori.

E una colonia la troviamo davvero a Cape Cross: centinaia, forse migliaia di otarie distese al sole sugli scogli o in acqua a lottare con le correnti dell’oceano. Simpatiche, rumorose, occupano un’area vastissima ed approfittano del pescoso tratto di mare alimentato dalla gelida corrente del Benguela. Le stesse onde che portano il nutrimento alle otarie hanno contribuito ad accrescere la fama di un tratto di costa, poco più a nord, diventato nel tempo una sorta di cimitero delle navi e per questo chiamato Skeleton Coast. Ora a dire la verità relitti non ce ne sono molti, ma pare che in passato fossero numerose le imbarcazioni che si arenavano su questa spiaggia, trascinate dai venti e dalle correnti ed irrimediabilmente danneggiate dai mutevoli banchi di sabbia sommersi. E’ l’ultimo sguardo verso l’oceano prima di imboccare la C35, una delle piste più singolari del nostro itinerario, bianca come le bianche incrostazioni saline del veld circostante, priva di alberi, cespugli o di qualsiasi altra forma di vita, magnifica nella sua estrema desolazione. Percorrendola si avverte chiaramente il passaggio dalla costa all’interno; piano piano il bianco lascia il posto ad un timido verde, poi i colori del bushveld si accendono sempre più finchè all’orizzonte compaiono dolci colline screziate di verde e giallo e rosso: è il Damaraland che ci accoglie con i suoi panorami e i suoi colori, è l’Africa. In particolare ci colpisce la zona del Vingerklip, caratterizzata da formazioni rocciose che ricordano per forme e tonalità la Monument Valley. E’ questa la porta di accesso alle grandi pianure del nord, alla savana sconfinata, all’Etosha National Park, residenza di leoni ed elefanti e agognata meta finale del nostro viaggio.

Istituito nel 1958, comprende un’area di oltre 22000 chilometri quadrati ed è visitabile in maniera autonoma dall’alba al tramonto. Al suo interno esistono tre campi aperti ai turisti, distanti circa 70 km l’uno dall’altro, Okaukuejo, Halali e Namutoni, quest’ultimo ricavato da un antico forte tedesco d’inizio secolo. Inutile cercare di spiegare l’emozione che si prova guidando in questo parco, spostandosi tra una pozza e l’altra, fermandosi spesso per far passare zebre o springbooks, elefanti o giraffe, godendosi la vicinanza di questi animali che liberi e sereni, almeno in apparenza, vanno da una zona all’altra per abbeverarsi e nutrirsi. Vediamo elefanti lottare ferocemente e leoni distesi al sole, restiamo bloccati tra centinaia di zebre affatto intimorite dalla nostra presenza, assistiamo rapiti al nobile e magnifico incedere delle giraffe. Struzzi che proteggono i minuscoli piccoli, orici e kudu e springbooks che si abbeverano accanto agli elefanti, piccoli facoceri solitari e feroci iene maculate. Assistiamo al monumentale arrivo degli elefanti che costringono i leoni alla fuga, scorgiamo uno sciacallo che cattura un giovane springbook, decine di avvoltoi che si affollano strepitanti sulla carcassa di una zebra, tre leopardi che sollevano il muso, rosso, dal pasto appena conquistato. Restiamo immobili, atterriti e senza fiato, di fronte agli enormi pachidermi grigi che sfilano davanti alla nostra auto, fissandoci e scuotendo il capo e la proboscide come a dire che lì, a Etosha, comandano loro.

Che dire quindi, il viaggio è ricchissimo e pieno di spunti interessanti; tutto il sud, il deserto e naturalmente l’Etosha regalano splendide, indelebili emozioni, ma in generale è tutto l’insieme che rende questa avventura un’esperienza straordinaria. Tuttavia non si pensi di affrontare una scampagnata perché tale non è: la guida non è sempre serena e gli imprevisti non sono poi così rari; però questa è un’Africa bella, vera, sicura e in fondo abbastanza facile da gestire ed organizzare. Quindi godetevi quest’angolo di mondo, questo grande paese colorato e disteso tra l’atlantico e il deserto, dove vi aspettano emozioni ed immagini che vi faranno sentire protagonisti di un documentario, di un vero spettacolo: lo spettacolo della natura.

 

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